Articolo del 12/10/2015 14:02:42 di Pizzoni Filippo

Nel futuro i giardini di oggi

Uno degli aspetti più interessanti del Giardino, analizzato nella sua evoluzione storica, è il valore che assume come rappresentazione delle diverse culture nelle differenti epoche.
La natura del luogo, intrinseca a ciascun giardino, non è solo, banalmente, quella definita dal clima, ma è anche la cultura che nasce dal paesaggio e che ha prodotto quel giardino che, da questo punto di vista, deriva da essa come diretta conseguenza.
Naturalmente, in quest’ottica non si può non considerare come i giardini che andiamo realizzando oggi parleranno di noi e della nostra cultura a chi li leggerà in futuro.
E allora sarà opportuno pensare a dare la miglior prova di quello che sappiamo fare, così da trasmettere al futuro una cultura che dica il meglio di noi, e che non parli solo di cementificazione e impermeabilità delle più ampia superficie possibile, di abusi e consumo del territorio fatto di arredi e costruzioni inutili, di maltrattamenti e sfregi espressi con potature vandaliche o piantagioni inappropriate; non tramandiamo l’idea dell’incuria e dell’abbandono con una cultura che cerca di eliminare la voce manutenzione come se si potesse eliminare la voce pulizia o salute, ma cerchiamo di trasmettere la consapevolezza che abbiamo inteso il messaggio che la natura comunica quotidianamente se solo l’ascoltiamo.
E il giardino altro non è che il luogo dove mostriamo il nostro modo di confrontarci con le piante e con la natura in generale.
Nel 1997 pubblicavo un libro Il Giardino. Arte e storia, che nasceva proprio dal desiderio di approfondire il rapporto tra il giardino e le arti nell’ambito della sua evoluzione storica: rileggendo il testo dell’introduzione al volume è possibile oggi valutare quanto sia cambiato nel mondo dei giardini rispetto ad allora. Oggi infatti l’opinione pubblica si interessa più ampiamente e direttamente ai giardini, avendo maturato un atteggiamento decisamente più attento alle sue valenze culturali, storiche, artistiche.
Non era così allora: l’aspetto culturale del giardino non risultava, come appare oggi anche per un vasto pubblico di non addetti ai lavori, come dato assodato se non scontato. Il pensiero generale apprezzava il giardino nel suo valore di armonica composizione di piante, desiderabile soprattutto nella sua accezione di luogo fiorito, il più a lungo possibile. E ancora, la progettazione dei giardini non suscitava l’interesse che riscuote oggi: proprio da tali considerazioni nasceva un libro che avesse l’intento di approfondire gli aspetti più prettamente culturali del giardino, profondamente connessi a tutte le altre forme artistiche, in primo luogo l’architettura.
La rivalutazione del giardino come forma d‘arte, in assoluto e non solamente riferita ai capolavori del patrimonio storico normalmente considerati nell’ambito architettonico, in realtà poteva sembrare provocatorio, anche se il termine Arte dei Giardini è stato per decenni il titolo dei corsi di progettazione nelle Facoltà di Architettura. E’ però interessante ricordare che allora il termine non sempre appariva positivo, soprattutto nella percezione di chi non era in grado di valutare appieno le implicazioni culturali e sociali del giardino.
Che oggi il giardino, oltre alle valenze estetiche, abbia riacquistato un ruolo culturale grazie alle sua capacità espressive, è dominio di molti se non ancora di tutti.
Il giardino è in sostanza un spazio, è uno degli spazi principali in cui viviamo, e non così raramente se calcoliamo la percentuale della popolazione italiana che vive nei paesi o in quel tessuto dell’urbanizzazione diffusa che si è andata costruendo nell’ultimo quarantennio. E come tale, il giardino è un luogo dotato di dimensioni, forme, contesto, funzioni e fruizioni uniche e particolari: elementi i quali di volta in volta la realizzazione di un giardino deve valutare con attenzione.
Riconoscere al giardino la dignità di spazio presuppone il suo conformarsi alle regole spaziali: creare uno spazio significa applicare alcune tecniche proprie della disciplina della progettazione e superare il concetto trito che lo vede come una bella composizione di fiori e piante.
Ciò non significa, in ogni caso che fiori e piante non siano importanti; non è forse fondamentale in ogni progetto la scelta e l’accostamento pertinente, sia dal punto di vista tecnico che estetico, di ogni sua componente?
Come, però, per una qualsiasi realizzazione non è la scelta corretta di una sua componente_ quand’anche la più importante, evidente o immediatamente apprezzabile_ a fare il capolavoro, così è anche per il giardino. Non basta la scelta della tela o della tavola a fare il bel dipinto, né il solo accostamento sapiente dei colori; non bastò a Eiffel la sola competenza ingegneristica a fare della torre omonima il suo capolavoro, né la sperimentazione dei materiali di Leonardo toglie valore al Cenacolo.
Così, se il quadro non è solo qualcosa da appendere al muro, o il teatro un luogo dove assistere a spettacoli, allo stesso modo il giardino non può essere solo il luogo ove praticare l’hobby del giardinaggio o stendersi a prendere il sole.
Se anch’esso è uno spazio, anche il suo disegno deve sottostare alle complesse regole della progettazione e della composizione. L’uso pertinente dei materiali deve sposarsi alle regole dell’armonia o del contrasto, all’uso dei pieni e dei vuoti, del chiaroscuro e alle leggi della luce, alle norme dei rapporti spaziali, alle esigenze funzionali quando è necessario: deve conformarsi cioè a tutte quegli elementi che informano un qualsiasi progetto.
E’ però, quello del giardino, un progetto complesso per due fattori che lo contraddistinguono: una particolare dimensione di spazio, i cui rapporti fondamentali non sono quelli umani del costruito, e una particolare dimensione del tempo, che non è quella dell’uomo ma bensì quella regolata dai cicli vitali dell’elemento vegetale.

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