Articolo del 25/09/2015 17:05:01 di Cantù Ambrogio

La progressiva scomparsa della gestione diretta del verde pubblico, opinioni a confronto

Alla ricerca della forma più efficace di gestione del verde pubblico

Categoria: Giardinaggio

Come raccontavamo recentemente, la tendenza attuale nella gestione del verde pubblico si sta via via spostando verso l’affidamento dei lavori e dei servizi a personale esterno alla pubblica amministrazione. Nel rispetto della massima trasparenza tali affidamenti avvengono tramite appalti, gare e competizioni tecniche ed economiche.
L’articolo precedente ha sinteticamente illustrato come funziona il Global Service, ma descrivere lo stato dell’arte non significa sostenere che questo sia il sistema migliore di gestione del verde pubblico, significa solo prendere atto che questa è la realtà in Italia e in una parte dell’Europa.
In passato, la gestione era direttamente seguita da personale dipendente della pubblica amministrazione, c’erano lesquadre di giardinieri comunali dotate delle attrezzature necessarie, l’ente acquistava i materiali e i macchinari, buona parte delle piante necessarie erano moltiplicate e prodotte nelle serre comunali, i vivai comunali in cui si preparavano gli alberi per la messa a dimora erano diffusi e non mancavano le scuole interne di giardinaggio: insomma c’erano i giardinieri e i tecnici dei pubblici giardini che si occupavano delle siepi, dei filari e dei prati della città.
Oggi esistono ancora casi isolati di gestione diretta, che funzionano in realtà di nicchia e che sicuramente danno ottimi risultati in settori specifici.
Per meglio capire il passaggio dalla gestione diretta a quella indiretta tramite appalto, in queste righe ho ricucito una sintesi dei pensieri più diffusi in merito, raccolti confrontandomi con amici, tecnici, dirigenti, imprenditori e operai di ieri e di oggi.
Sicuramente non giungeremo a una conclusione univoca dell’accaduto e non potremmo forse neppure affermare quale sia la situazione migliore, ma vogliamo comunque continuare a parlarne, senza colpevolizzare nessuna categoria.
Molti comuni negli anni sessanta erano dotati di ottime squadre di operai guidate da tecnici preparati, anch’essi formatisi in campo con esperienze e capacità fuori di dubbio, quasi tutte le attività erano gestite direttamente, i lavori erano lo sfalcio dell’erba con BCS a pettine e potature di alberi anche con autoscale e motoseghe, modeste erano le aiuole fiorite, il verde era sicuramente più essenziale e le tecniche più semplici.
Il Parco di Monza, per esempio, aveva circa 30 operai, a cui si aggiungevano, per il periodo degli sfalci, circa altri 10 operai stagionali, che spesso tagliavano i bordi con la ranza cioè a falce, e quindi gli attrezzi erano di facile manutenzione, con un filo di ferro si riparava la macchina per falciare e con la pietra si dava il filo alla falce, c’erano le officine comunali che si occupavano della manutenzione dei mezzi.
Anche le città più importanti erano dotate di squadre autosufficienti, con motoseghe, autoscale e tutte le attrezzature necessarie, più ridotte delle attuali.
L’intero patrimonio arboreo delle città piantato nel primo dopoguerra arrivò poi contemporaneamente alla maturità morfometrica e quindi i numeri da potare si impennarono velocemente, così da giustificare i primi affidamenti a personale esterno, per l’impossibilità di seguire moli di lavoro stagionalmente altalenanti.
Progressivamente la quantità del lavoro aumentò e il verde pubblico iniziò a non essere più solo un prato da sfalciare o un arbusto da potare, i giardinieri comunali iniziarono a occuparsi solo del verde di aiuole, cimiteri e scuole lasciando le grosse superfici a ditte esterne.
Con l’aumento delle superfici e delle esigenze si richiesero migliori prestazioni a parità di personale; in aggiunta a ciò, si inserisce probabilmente anche un importante mutamento sociale.
La progressiva perdita dell’attaccamento al lavoro di campo direttamente proporzionale all’aumento del benessere, ha portato e porta le nuove generazioni ad avere perso la passione per questo tipo di lavoro considerato forse umile; il dopoguerra e le sofferenze di tale periodo portarono a considerare il lavoro e il lavoro nelle pubbliche amministrazioni come una preziosa opportunità per la riqualificazione e la crescita.
La divisa del comune era segno di sicurezza e di stabilità economica, così come lo erano le tute blu degli operai nelle fabbriche. Chi lavorava in comune era un buon partito…
Il progressivo benessere ha portato negli ultimi anni a un allontanamento da tale status, le contestazioni sociali, seppur spesso giustificate, hanno reso difficoltosa la gestione dei rapporti col personale che sempre di più si regge su precari equilibri.
A questo proposito è opinione diffusa che oggi sia molto più semplice, e crei meno responsabilità, gestire un appalto pubblico anche della durata di più anni, che gestire una squadra di operai con il relativo parco macchine.
In aggiunta a quanto sopra, la politica ha progressivamente preso piede e gli amministratori si sono inseriti nel settore tecnicotalvolta ingerendo sulle scelte operative.
Ai progressivi pensionamenti dei vecchi dirigenti e operai degli uffici del verde sono seguite sporadiche assunzioni che spesso ricevevano personale da determinate categorie svantaggiate o da mobilità proveniente da altri settori, privo della dovuta preparazione e passione; se uniamo la progressiva scomparsa delle scuole di giardinieri che i comuni avevano, abbiamo un quadro ben differente da quello di soli trenta anni prima.
Non sottovalutiamo che i continui aggiornamenti normativi impongono un’attenta e costante gestione del parco macchine, che richiedono manodopera specializzata, aggiornamento tecnico, anche sotto il profilo delle sicurezza, investimenti economici e un impegno costante. Spesso la tipologia del lavoro legata a un territorio circoscritto non consente di ottimizzare l’efficienza dei mezzi, che invecchiano tecnicamente prima del completo ammortamento; la gestione diretta non risulta economicamente competitiva.
La gestione degli operai viene demandata all’impresa privata che garantisce le squadre di lavoro stagionalmente necessarie, accollandosi l’onere e il rischio di malattie, assenze, infortuni e rimostranze sindacali.
Sembra che la pubblica amministrazione, prima delle imprese private, abbia puntato verso la flessibilità del lavoro.
Risulta veramente difficile che una pubblica amministrazione possa essere competitiva sul mercato del lavoro, dovendo gestire macchinari e personale.
Qualcuno poi si chiede “… se in Italia la privatizzazione dei pubblici servizi abbia portato a quei vantaggi economici, tecnici, culturali, estetici e sociali che i politici vagheggiavano.
L’Associazione Italiana Direttori e Tecnici dei Pubblici Giardini da tempo si sta confrontando alla ricerca della forma più efficace di gestione del verde pubblico: al momento risulta che il Global Service non sia la soluzione univoca e sicura, anche se da più parti lusingata e sposata …
Occorre conoscere e vivere la realtà delle diverse città (non sempre possibile se l’impresa affidataria dei lavori non é della zona), confrontarsi, mirare non tanto a ridurre i costi quanto piuttosto a migliorare il servizio, senza con ciò escludere il giusto ed equo profitto dell’impresa.
E’ possibile mettere in campo uomini e mezzi comunali e l’imprenditoria di valide imprese private, ma testa-cuore-portafoglio devono restare in capo all’ente pubblico e ai tecnici comunali a ciò preposti.”
Un argomento a favore della gestione diretta è che le lavorazioni di pregio possono essere difficilmente eseguite da personale esterno e la qualità del lavoro di dettaglio può quindi essere un valido plus valore delle giardinerie pubbliche, che vengono infatti utilizzate nelle lavorazioni puntiformi di elevato pregio.
La voce di un’importante impresa operante sul territorio nazionale sostiene che “… in pratica gli assiomi: squadra pubblica = lavori accurati e ditta privata = efficienza è vero solo in casi veramente isolati; manca un’Amministrazione in grado di realizzare un bando intelligente, selezionare le ditte con criteri oggettivi di merito, con un programma realistico e poi attivare un sistema di controllo che garantisce il livello di qualità promesso.”
La volontà mia e dello staff tecnico della scuola è quella di stimolare un dibattito, magari per promuovere anche solo modesti cambiamenti o riflessioni; se qualcuno avesse altre idee è invitato a scriverci, perché se non ci piace come evolve la storia abbiamo ancora la possibilità di modificarne il corso.

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