Articolo del 01/10/2015 16:04:35 di Delloste Luigi

Sicuramente, l’albero

Categoria: Arboricoltura

Passeggiando per le vie della mia città vedo la mole dei grandi alberi presenti nei viali. Mi vengono in mente quanto siano graziose quelle foglie colorate d’autunno che, dolci, cadono nelle vie alberate che la ornano, dove schiere di tronchi scuri si stagliano sugli sfondi dei percorsi cittadini.
Caspita! Li vedo e penso a quanto tempo abbiano impiegato per diventare così grandi, per crescere così tanto in un ambiente tanto difficile e così pieno di limiti. Eppure, senza alcuna fatica di sorta, comprendo che fanno parte di un mondo parallelo (quello vegetale) dove, nonostante l’uomo sia fermamente convinto di saperne un po’, noi tutti, ancora poco abbiamo in mano.
Poi, nell’approssimarmi al mio ufficio scorgo un autista, che mi pare distratto, litiga con la corteccia di un acero asserendo che ha toccato il suo parafanghi! Notevole…! E con fare borioso si allontana borbottando frasi tutte rivolte sull’esiguità dello spazio dedicato ai parcheggi, sulla fretta di ogni mattina che divora le menti e la serenità di ognuno di noi, sulle difficoltà della vita…   guardo indietro e vedo la sofferenza del lembo di corteccia di quell’albero ormai ridotto a un tubo aperto e inclinato, di quel colore sporco, ormai pieno di gadget di ogni tipo e misura.
Impietosito osservo la sua chioma che lascia intravedere quante guerre abbia passato, dove, nelle lotte consumate, ha sempre perso e poi ricostruito pazientemente quell’opera d’arte devastata che crede ancora d’essere.
Lo abbraccio, è più giovane di me.

È un mondo misterioso, che stupisce e se ne sta senza nulla chiedere nel suo angolo, nel suo spazio che spesso gli rubiamo, per far posto a cose che noi riteniamo più importanti. Questo mondo ha la sua ragione d’essere, ma per conoscerla meglio dobbiamo fare qualche passo indietro e osservare i luoghi dove gli alberi trovano, nella loro misura arcaica, finalmente, ciò di cui hanno bisogno: una vita ricca di ambiente naturale, in tutti i sensi. Basta una passeggiata in un bosco, su per le nostre montagne, in quelle valli dove nulla c’è da sfruttare, e anche il più distratto di noi può scorgere l’albero che cresce in un’esistenza collimante con il resto dell’ambiente. Ritengo che questo concetto debba essere compreso da tutti, anche da coloro che per lavoro sono diventati ciechi (chi taglia l’albero, abbatte per mestiere), come così pure da chi intravede solo immortalità nel possesso (l’albero vecchio in piedi comunque, a tutti i costi).

Dopo esserci calati in questa dimensione (che esiste ed è sempre meno visitata e riconosciuta!), cerchiamo di vedere come gli alberi, che ‘vegetano’ nelle nostre città, possano rappresentare un elemento pregevole … ma quale prezzo dobbiamo pagare, noi e loro per poterlo osservare!

L’albero ha una sua forma, con il tempo si accresce e per una serie molto ricca di ragioni diventa sempre più grande, sino a rappresentare un aspetto legato alla sicurezza del cittadino. L’albero giovane raramente ci impressiona, pur nel suo splendore lo vediamo come un elemento controllabile. Dell’esemplare grande o vetusto, invece, cogliamo, proprio nella sua dimensione e articolata architettura, la complessità e quindi la misteriosità della forma, e la domanda “Come può reggersi? È così grande!” è d’uopo.

Come è in grado di gestirsi da un punto di vista strutturale un essere vivente di tali dimensioni?

Proprio questi quesiti ci pongono in una soglia percettiva dove il dubbio e magari anche l’ansia risaltano meglio, e, quindi, si costituisce in noi il sentimento del rispetto nei confronti di tale imponenza. Ma se è così facile da capire il sentimento del rispetto per l’immagine che dà di sé un albero grande, è altrettanto vero che non commisuriamo mai l’improponibile che può accadere con il suo eventuale schianto.

Da bello da vedere in un momento qualsiasi, lo classifichiamo come il peggiore dei nemici e ne abbiamo ben donde paura in quei momenti particolari, durante un forte temporale. Quel caro amico cui tante parole abbiamo speso per la sua salvaguardia può diventare nel giro di pochi minuti, non un nemico ma, una forza incontrollabile della natura. Quando dallo stesso cade un ramo o peggio ancora si schianta tutto l’albero si possono solo procurare danni, a volte gravissimi.
Eppure noi vogliamo gli alberi nelle nostre città.
A tutti i costi.
Vogliamo alberi belli, con colori interessanti, grandi, forti e slanciati perché questa parte della loro forma ci permette di collegarci, seppur atavicamente, al cielo.

Vogliamo alberi che comunque non rappresentino in alcun modo rischi potenziali, anche perché li inseriamo dappertutto, in qualsiasi posto, sempre troppo vicini alle nostre case (e sono proprio quelli a farci più paura quando il tempo si accanisce!). Di qui nasce (sono ormai anni che ci si cimenta in quest’ambito) la necessità di osservarli più da vicino, in un modo, diciamolo pure, il più tecnico possibile (forse un po’ freddo, ricordo quanto su quest’argomento disse Alex Shigo) per poterne averne il controllo da un punto di vista non solo fitosanitario (patologia e entomologia) ma anche strutturale. Ciò in modo tale da ridurre per quanto possibile ogni rischio potenziale di caduta, grazie all’ausilio di quelle operazioni elementari che permettono di tenere sotto controllo tutti gli alberi della nostra città.
E quindi cataloghiamo tutti gli esemplari arborei (censimento), per poi osservarli minuziosamente (grazie al metodo V.T.A. di Claus Mattheck) in modo da poter redigere un elenco di tutti quei lavori necessari: dalla rimonda del secco alla potatura, dalla messa in sicurezza dei soggetti con problemi (per poterli vedere ancora per anni stabili) all’abbattimento di quelli per i quali ormai nulla vi è più da fare. Tutto ciò sempre nel rispetto del nostro ambiente dove il termine sicurezza è imperativo.

Gestire le alberate presenti in una città è un compito difficile, i tecnici preposti devono essere molto preparati su differenti comparti e sommano in sé grandi capacità, tutte ugualmente commisurate, grazie alle quali riescono (con le difficoltà dettate dai bilanci sempre più magri), a far fronte a tutte le esigenze.

E così ci capita sempre più spesso di vedere filari alberati soggetti a operazioni di potatura, dove finalmente, si possono ammirare alberi potati con equilibrio, dove un pur piccolo spazio all’estetica (giustamente tarato alle necessità dell’intervento) permette di lasciare una forma ancora dignitosa, rispetto alla precedente.
Durante il periodo estivo vengono effettuate le rimozioni del secco (rimonda del secco), intervento che lascia poche tracce, ma risulta essere ugualmente indispensabile per evitare che parti, anche consistenti, possano collassare proprio perché ormai ritenute inutili dall’albero (abscissione). Tali interventi sono molto spesso visti come azioni non strettamente indispensabili (soprattutto per la frequenza con la quale si devono svolgere), poiché tanto è l’impegno (mezzi e personale) necessario per portarle avanti, quanto poco è il materiale prodotto dal lavoro stesso (materiale di risulta).

Molto spesso nella gestione di tale complesso sistema (che va dall’ideazione / progetto di un nuovo ambiente nel quale inserire l’albero alla sua gestione manutentiva ordinaria) è utile avere a che fare (aggiungerei anche ovviamente) con il cittadino, che di fronte alla drammaticità di un evento quale l’abbattimento pone legittimi freni.
Abbattere un albero non è cosa da poco, poiché tutti sanno che l’atto in sé contiene elementi definitivi, ciò che per tanti anni è vissuto al nostro fianco, ora in qualche istante ci lascia per sempre.
È proprio in questa fase che dobbiamo dare il massimo spazio all’informazione rivolta al cittadino (e, se nel privato, ai dirimpettai) in modo da creare una coscienza razionale che legittimi ciò che sta per accadere con i dovuti dettagli tecnici. Ciò non può che portare bene, non siamo più visti come scure selvaggia o incuranti del bene da gestire, ma tecnici qualificati al servizio delle esigenze, nella corretta cura degli alberi in città.

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