Articolo del 01/10/2015 15:03:36 di Gaiani Gianluca Maria

Recupero del castagneto da frutto

Categoria: Arboricoltura

Non tutti i castagneti da frutto abbandonati o in fase di semi-abbandono sono meritevoli di essere risanati e recuperati dal punto di vista produttivo: si devono, infatti, valutare con attenzione le possibilità di successo dell’intervento di recupero e gli effettivi vantaggi (intesi come beni e servizi ritraibili da un popolamento efficiente) rispetto ai costi da sostenere.

La prima condizione da verificare è l’assenza di limiti ecologici al mantenimento del Castagno nella stazione in esame: è abbastanza frequente incontrare vecchi impianti realizzati al di fuori dell’optimum climatico del Castagno.

In secondo luogo si deve controllare lo stato fitosanitario del castagneto: una presenza rilevante di cancri anormali è indice della diffusione naturale di ceppi ipovirulenti e quindi di una evoluzione favorevole dell’aggressione di Cryphonectria parasitica. Non è importante il numero totale di cancri presenti, bensì il rapporto fra cancri normali e cancri anormali; è, pertanto di fondamentale importanza che il tecnico incaricato della progettazione e realizzazione degli interventi di recupero sia in grado di distinguere le diverse forme di cancro.

Nei castagneti da frutto, soprattutto in quelli più vecchi, è facile osservare la presenza di grosse branche secche e completamente prive della corteccia, che danno al popolamento un aspetto degradato e fanno sembrare gli attacchi di C. parasitica più gravi di quanto non siano. Si tratta in realtà di attacchi verificatisi anche molti anni addietro e ormai inattivi; la presenza di questi vecchi disseccamenti, quindi, non può essere utilizzata come parametro per valutare la presenza e la virulenza della malattia, bensì come indice dello stato di abbandono in cui versa il popolamento.

Molto più importante è, invece, verificare la presenza di disseccamenti recenti, facilmente individuabili per la presenza delle foglie secche ancora attaccate. Una presenza consistente di questi disseccamenti recenti (che interessino il 20 – 30 % delle chiome ) è indice di una situazione ad elevato rischio.

L’eventuale presenza di attacchi di mal dell’inchiostro, data la pericolosità della malattia e l’impossibilità di controllarla, preclude a priori la possibilità di realizzare interventi di recupero destinati a fallire.

Un altro parametro di fondamentale importanza che deve essere preso in considerazione è il grado di accessibilità della stazione nonché la comodità con la quale possono essere realizzati gli interventi (legata principalmente alla pendenza). Indipendentemente dal tipo di destinazione finale dell’area ( produttiva, turistico ricreativa, …) è importante che questa sia facilmente accessibile in modo da abbattere considerevolmente i costi di intervento e manutenzione e facilitarne la fruizione.

Infine deve essere valutato il valore paesaggistico e turistico ricreativo del castagneto.

I popolamenti, anche con scarse attitudini produttive, ma in cui la funzione turistica e paesaggistica risultino prevalenti, possono essere oggetto di interventi anche onerosi di risanamento e recupero; in questi casi gli interventi dovranno essere finalizzati al mantenimento della monumentalità delle piante interessate e a garantirne la stabilità.

Se da un lato non è possibile pronosticare il pieno recupero produttivo dei castagneti, data la mancanza di un vero e proprio mercato per il frutto, dall’altro l’interesse che la castanicoltura ancora riscuote, l’elevato valore paesistico e turistico ricreativo del castagneto da frutto, l’importanza di conservare le varietà di castagno presenti sul territorio, giustificano il recupero dei castagneti da frutto anche non propriamente produttivi.

Le operazioni più importanti necessarie al recupero dei castagneti da frutto sono:

Castanea sativa

Castanea sativa

  • Ripulitura dalla vegetazione arborea ed arbustiva di invasione;
  • Potatura ed eliminazione di branche colpite dal cancro corticale;
  • Innesti / Rinfoltimenti;
  • Rinfoltimenti;

Ripulitura dalla vegetazione arborea e arbustiva di invasione

Nei castagneti da frutto abbandonati da lungo tempo la  vegetazione spontaneamente insediatasi, costituita prevalentemente da Roverella, Orniello e Carpino nero, si è andata progressivamente affermando in assenza delle ordinarie operazioni colturali. Nel castagneto da frutto tutte le altre specie arboree earbustive sono da considerarsi infestanti. Il primo intervento da realizzare riguarda l’eliminazione di tutte le specie diverse dal Castagno, sia arbustive che arboree[1], in modo da facilitare l’accesso all’area per l’esecuzione degli interventi successivi e agevolare le operazioni di risanamento. Dovranno essere eliminati anche i Castagni soprannumerari o in condizioni fitosanitarie tali da non poter essere recuperati. Alla base delle vecchie piante da frutto si osserva frequentemente la presenza di una corona di polloni, anche di notevoli dimensioni: prima di procedere con gli interventi di potatura, tali polloni basali, che di fatto sottraggono vitalità al fusto principale, devono essere eliminati.

L’eliminazione della vegetazione infestante, più frugale e meno esigente del Castagno, si traduce anche in una maggiore reattività e resistenza delle piante al cancro corticale in virtù di una ridotta azione competitiva. L’intervento mira a ripristinare la composizione e la struttura del popolamento originario, ponendo le piante residue nelle migliori condizioni di illuminazione della chioma. Durante questa fase dell’intervento si dovrà inoltre valutare la possibilità di rilasciare alcuni polloni o semenzali, da innestare, per sostituire soggetti morti o non più recuperabili.

Potatura ed eliminazione di branche colpite dal cancro corticale

Una volta realizzata la pulizia del castagneto dalla vegetazione che lo infesta, si procede all’eliminazione delle branche morte e di quelle colpite da cancri di tipo normale (prudenzialmente si dovranno asportare anche le forme intermedie di cancro). Più che di una potatura, si tratta, in questo caso, di un vero e proprio intervento di lotta fitosanitaria volto a ridurre la carica di inoculo presente. É importante ridurre la presenza e la diffusione delle forme virulente del cancro corticale (tutti i rami con foglie secche e ricci persistenti) mentre si deve cercare di favorire la diffusione dei ceppi ipovirulenti. Il fattore limitante alla diffusione dei ceppi ipovirulenti è la scarsa produzione di picnidi ed è quindi necessario che i cancri cicatrizzanti vengano rilasciati e siano presenti in numero elevato per garantire una diffusione adeguata ed il controllo biologico della malattia.

Il principio ispiratore di questo intervento a carico delle chiome è eliminare il più possibile le forme di cancro normali e mantenere le forme cicatrizzanti attive responsabili della diffusione dei ceppi ipovirulenti. Non si può eradicare la malattia dai popolamenti di castagno, ma è possibile controllarla attraverso la diffusione delle forme ipovirulente.

Particolare della corteccia di Castanea sativa

Particolare della corteccia di Castanea sativa

Contemporaneamente a questo intervento di carattere fitosanitario, si dovrà procedere alla potatura vera e propria. L’intervento dovrà mirare a riequilibrare lo sviluppo della chioma, che a seguito degli attacchi del cancro potrà presentarsi anche molto sbilanciata, e a conseguire una migliore illuminazione di tutte le branche per accrescere vigore vegetativo e produttività. La realizzazione della potatura dovrà cercare di conservare il più possibile la chioma per non ridurre la capacità fotosintetica della pianta, considerato che nella maggior parte dei casi si tratta di piante molto vecchie e, quindi, con una ridotta capacità di reazione.

Il costo degli interventi di potatura risulta estremamente variabile in funzione alla difficoltà dell’intervento. La dimensione e la conformazione della pianta da potare, nonché il tipo di potatura richiesta sono i parametri che incidono maggiormente sul costo dell’operazione.

Dopo la potatura occorrono in media 3 – 5 anni affinché la pianta giunga ad una produzione ottimale.

Innesti / Rinfoltimenti

Il ripristino del sesto di impianto (la cui densità ottimale per piante di pregio è di 80 – 120 soggetti/ha) o la sostituzione delle piante non più recuperabili, andrà eseguita realizzando innesti su selvaggioni o su polloni opportunamente selezionati. L’impiego di materiale vivaistico richiede una certa prudenza poiché in alcuni casi è stato trovato infetto con Phytophthora cinnamomo o Phytophthora cambivora.

Certo esistono varietà di castagne e di marroni[2] di un certo interesse e in grado di fornire produzioni accettabili. A causa del disinteresse per la produzione di castagne e della perdita di professionalità da parte dei proprietari, molte varietà rischiano di andare perdute. Potrebbe risultare utile la realizzazione di una indagine varietale per l’identificazione delle varietà presenti sul territorio e la realizzazione di un impianto dove conservare cloni delle diverse varietà da impiegarsi come piante madri per la produzione di marze da innestare.

Sono da privilegiare gli innesti a rapida cicatrizzazione che richiedono piccoli tagli, come gli innesti a spacco inglese e a spacco pieno.

Negli anni immediatamente successivi all’innesto dovrà essere effettuata la ripulitura dei ricacci dalle ceppaie innestate.

È possibile che già alla fine del primo anno di vegetazione gli innesti realizzati a petto d’uomo abbiano raggiunto l’altezza idonea per l’impalcatura (180 – 200 cm.) e si può, pertanto, procedere alla loro cimatura. Altri interventi di potatura saranno poi necessari per indirizzare o correggere lo sviluppo della chioma.


[1] se la destinazione dell’area è prioritariamente turistico – ricreativa si potrà valutare la possibilità di rilasciare soggetti arborei di altre specie di particolare pregio.

[2] Marroni: 1-2 frutti per riccio, tegumento sottile e non penetrante nel seme, meno di 80 frutti/Kg.

Castagne: 2-4 frutti per riccio, tegumento ripetutamente penetrante nel seme, più di 80 frutti/Kg.

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