Articolo del 01/10/2015 15:03:57 di Gaiani Gianluca Maria

Fitopatie del castagno

Categoria: Arboricoltura

La castanicoltura ha rivestito fino all’ultima guerra mondiale un ruolo di primaria importanza nell’economia silvo-pastorale. Il frutto rappresentava una importante base alimentare soprattutto per le popolazioni rurali; i boschi cedui fornivano paleria di vario assortimento, (il palo da vite soprattutto, in ragione della vicinanza di aree ad elevata vocazione vitivinicola); i boschi ad altofusto forniva legname per la fabbricazione di pali telegrafici e legname da lavoro per le falegnamerie.

A partire dai primi decenni del 1900, su tutto il territorio nazionale, due gravi agenti patogeni, la Cryphonectria parasitica (Mur.) e la Phitopthora cambivora (Petri), hanno progressivamente degradato e considerevolmente ridotto il patrimonio castanicolo tanto da far temere la completa scomparsa del Castagno sul nostro territorio. Inoltre, una generale contrazione della richiesta di castagne, il progressivo abbandono della montagna e la riduzione della richiesta di paleria minuta (il palo da vite di castagno viene rapidamente sostituito da quello in cemento) hanno favorito il progressivo degrado dei boschi di Castagno.

Negli ultimi anni tuttavia si sta assistendo ad una ripresa dell’interesse per la castanicoltura in senso generale. L’altofusto di castagno ed in particolare quello da frutto risulta molto gradito per quanto riguarda la sua funzione turistico ricreativa nonché per l’aspetto paesaggistico. È verosimile prevedere anche una ripresa della richiesta  di paleria agricola e crescente risulta l’interesse per il legname di castagno da parte del settore del mobile.

L’interesse per i boschi di castagno coinvolge aspetti legati alla cultura ed alle tradizioni locali, alla conservazione del paesaggio, alla selvicoltura e all’economia delle aree montane, risulta pertanto di fondamentale importanza disporre di informazioni e conoscenze dettagliate per impostare una corretta strategia di recupero e valorizzazione dei castagneti.

Si ritiene infatti che le modificazioni attualmente in atto nei boschi di Castagno, siano essi cedui o castagneti da frutto, legate principalmente a problematiche di carattere fitosanitario e all’abbandono, impongono ai tecnici e ai proprietari scelte di intervento tempestive pena la perdita di un importante patrimonio storico, paesaggistico e forestale.

Cancro corticale del castagno

L’agente patogeno del cancro corticale del castagno è l’Ascomicete Cryphonectria (=Endothiaparasitica (Mur.), appartenente alla famiglia delle Diaphortaceae ordine Sphaeriales. Di origine orientale, il patogeno è stato identificato per la prima volta nel 1904 su Castanea dentatanegli Stati Uniti.

Cryphonectria parasitica

Cryphonectria parasitica

La prima segnalazione in Italia risale al 1938 su Castanea sativa nell’entroterra ligure. In Lombardia la malattia è comparsa all’incirca nel 1948 in provincia di Varese.

Il patogeno penetra nell’ospite attraverso ferite di varia natura del tessuto corticale (anche piccoli traumi superficiali provocati dalla grandine) e i sintomi divengono evidenti già dopo qualche settimana dall’infezione.

Questa malattia mostra una grandissima capacità di diffusione sia a grande che a breve distanza (ovvero sulla pianta). Le strutture di propagazione (picnidi e periteci ) risultano visibili sulla superficie della corteccia in corrispondenza delle zone infette.

La sintomatologia compare improvvisamente con disseccamenti in primavera estate della parte alta della chioma; le foglie secche rimangono a lungo attaccate ai rami permettendo l’individuazione degli attacchi.

Contemporaneamente all’espandersi della malattia, praticamente in tutti i popolamenti di Castagno, si è potuto osservare come in taluni casi i tessuti infetti manifestassero segni evidenti di una reazione cicatriziale in grado di arrestare l’avanzata del patogeno.

Inizialmente tale fenomeno venne attribuito ad una capacità propria del Castagno europeo di resistere alla malattia, ma l’estendersi di questo comportamento in altri popolamenti indipendentemente dalla varietà di Castagno coinvolta, indusse Biraghi (1966) ad attribuire l’evoluzione favorevole della malattia ad una attenuazione della virulenza del parassita.

Viene così accertata l’esistenza di ceppi ipovirulenti, incapaci di provocare la morte della pianta aggredita e soprattutto in grado di convertire i ceppi così detti normali alla forma ipovirulenta grazie alla trasmissione (mediante anastomosi ifale) di un determinante citoplasmatico (ds-RNA). Perché questo processo di trasmissione avvenga è necessario  che le ife dei due miceli, ipovirulento e virulento, vengano a contatto fra di loro e che i due ceppi risultino compatibili fra di loro. Due ceppi risultano compatibili quando le loro ife si saldano completamente mentre nel caso di incompatibilità l’anastomosi ifale non si realizza.

Sulla base di quanto affermato e delle osservazioni condotte negli ultimi venti anni, sono stati distinti differenti tipi di cancro:

Cancro normale: caratterizzato dalla morte della parte superiore del ramo o del pollone colpito, dalla vistosa emissione di rametti epicormici alla base del cancrodepressioni e fessurazioni della zona colpita che risulta arrossata, abbondante produzione di picnidi e presenza di micelio con la caratteristica forma a ventaglio al di sotto della corteccia.

Cancro cicatrizzante attivo: la parte superiore al cancro sopravvive, manca l’emissione dei rametti epicormici, arrossamenti e fessurazioni dell’area colpita che si sviluppa longitudinalmente ed evidenti reazioni del cambio con rigonfiamenti della parte infetta, scarsa produzione picnidica.

Cancro cicatrizzato: la parte superiore la zona colpita non mostra particolari sofferenze, non c’è emissione di rametti epicormici, la parte colpita si mostra come un manicotto nerastro generalmente privo di fruttificazioni, il micelio risulta praticamente espulso dalla reazione della pianta.

Cancro intermedio: presenta una fase iniziale del tutto simile alla forma tipica, ma la parte superiore della chioma generalmente non dissecca, sono evidenti i calli di cicatrizzazione che possono fermare l’infezione, abbondante riscoppio di polloni nella zona di attacco.

Infezione: la parte colpita non mostra ancora differenziazioni che possano permetterne l’attribuzione all’una o all’altra tipologia sopra descritta.

Mal dell’inchiostro

Questa malattia, causata dal fungo ficomicete Phytophthora cambivora (Petri) Buism., è stata segnalata per la prima volta in Italia all’inizio del secolo scorso ed è attualmente diffusa in tutte le zone castanicole italiane.

Le prime avvisaglie della malattia sono caratterizzate da un rallentamento della vegetazione, da un successivo ingiallimento edalleggerimento delle chiome per una diffusa microfillia. Le piante ammalate presentano una diminuzione della fioritura, un precoce disseccamento dei frutti, che rimangono attaccati alla sommità dei rami. In genere questi sintomi possono manifestarsi limitatamente ad un settore della chioma. Nei casi più gravi l’infezione provoca il rapido disseccamento di tutta la pianta.

Il fungo penetra attraverso le radici e da qui l’infezione si diffonde fino a raggiungere il colletto, sul quale si notano delle necrosi brunastre a forma di fiamma o di diagramma, sintomo tipico della malattia.

Altra via di penetrazione è rappresentata dall’apice delle radichette assorbenti, da cui il micelio si propaga poi alle radici più grosse. In corrispondenza delle zone colpite si osserva l’emissione di un liquido di colore scurodal caratteristico odore acre, da cui deriva il nome di ‘mal dell’inchiostro’.

La diffusione del patogeno in natura è favorita negli ambienti umidi e soprattutto dall’acqua piovana.

La Ph. cambivora colpisce sia i castagneti da frutto che i cedui e può risultare particolarmente dannosa in vivaio, dove causa la morte repentina dei semenzali coltivati su terreni sortumosi e umidi. I semenzali infetti, a loro volta, possono diffondere la malattia nei nuovi impianti o nei castagneti da frutto qualora essi vengano impiegati per rinfoltimenti.

Contro il mal dell’inchiostro non sono ancora disponibili metodi di difesa realmente efficaci. Unici interventi di una certa validità sono l’asportazione delle piante colpite nel caso di semenzali, mentre sulle piante adulte sono consigliabili drastiche potature da effettuarsi alla comparsa dei primi sintomi al fine di stimolare le radici a produrre nuovi elementi radicali. Infine andranno effettuati quegli interventi agronomici necessari per eliminare i ristagni idrici all’interno dei castagneti colpiti.

Le specie di castagno di origine asiatica sono risultate resistenti alla malattia e potrebbero essere impiegate come porta innesti.

Nel caso di gravissimi danni e tali da dover sostituire il soprassuolo occorre tener presente che anche il noce ed il ciliegio possono soggiacere agli attacchi del mal dell’inchiostro.

Un quadro sintomatologico analogo a quello del mal dell’inchiostro può essere determinato sul castagno dalla Phytophthora cinnamomi Rands., parassita ancora non presente nei boschi italiani, ma molto più pericoloso e dannoso del precedente per il suo ampio spettro di ospiti.

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