Articolo del 01/10/2015 16:04:13 di Mengoli Stefano

Alberature storiche stradali: esperienze, casi di studio - le Gallerie Vegetali di Castelgandolfo

Categoria: Arboricoltura

In questo articolo  il dottor Mengoli ci ha illustrato una metodologia applicabile alla valutazione delle alberature storiche lungo le nostre strade: ora ci fornisce un esempio concreto della sua applicazione.

L’Amministrazione Provinciale di Roma ha commissionato uno studio inerente le alberature che costituiscono la quinta storica dei percorsi stradali di Galleria di Sopra e Galleria di Sotto, alberature situate in comune di Castel Gandolfo (Roma) e in prossimità con il complesso della villa pontificia di villa Barberini (fig.1); sono questi viali alberati a prevalenza di Quercus ilex che perimetrano il recinto del parco di Villa Barberini e che collegano l’abitato di Castel Gandolfo e quello di Albano Laziale, per un ‘comodo, ad ameno passeggio riparato dal sole a mezzo di grossi alberi’ (Moroni, 1623).

Oggi le alberature di Castel Gandolfo presentano, per quanto riguarda Gallerie di sopra, una lunghezza di 1776 m e una distanza media delle piante di 4,9 m, per un totale di 290 alberi, mentre per Gallerie di sotto, una lunghezza di 1219 m e una distanza media delle piante di 3,7 m, su un totale di 303 alberi e una variabilità in specie con più di 15 specie arboree. In letteratura esistono alcuni esempi dai quali poter dedurre modalità e aspetti critici dell’organizzazione del metodo di studio, ma generalmente questi si riferiscono ad assi alberati ubicati in aree a giardino o parco, e vi traducono la disciplina collegata alla carta storica dei giardini (carta di Firenze, 1981).

Nel caso in esame, poiché s’interviene su un fronte stradale, e con flussi di grande traffico, si sommano necessariamente agli aspetti ‘tradizionali’ dello studio quelli legati all’interazione tra strada e alberatura (flussi e tipi di circolazione, trasformazioni storiche della sede stradale) e quelli relativi alla gestione odierna di un’alberatura stradale.

Ponendosi al livello delle competenze dell’ente gestore, per i vincoli dettati dal D.lgs 42/2004 e dalla legge forestale regionale (Regione Lazio), nonché dall’inserimento dell’area in zona A (zone d’interesse storico e paesaggistico) nel regolamento urbanistico vigente, le problematiche sono quelle di definire una modalità di piano di manutenzione che non deprima bensì consenta la conservazione dell’alberatura, pur rispettando i principi sanciti dalla responsabilità della custodia di un bene verso la salvaguardia di cose e persone.

L’interrogativo è come ‘poter operare’, ricercando quel limite che consente di evitare l’abbattimento indiscriminato e che possa determinare la complementarietà tra la conservazione dell’esistente (incluso quella della forma e del tratto derivante dalla condizione di architettura vegetale) e il rinnovo degli alberisenza creare impatti e interruzioni alla funzione di ‘alberatura del paesaggio’?; e poi come risolvere un deperimento esteso dell’alberatura, giunta a maturità, in parte naturalmente e in parte indotta antropicamente, senza dover procedere a forme di trattamento a forte impatto, come ad esempio l’abbattimento andante, esteso ad ampi tratti di alberatura, incrementando così il già forte gap tra le classi d’età che compongono il popolamento arboreo e decretando la cancellazione del disegno originario dell’architettura vegetale ‘a galleria’?.

Applicando il modello presentato nella scorsa edizione, i dati rilevati hanno consentito di istruire una fase di intervento articolata sull’adozione di un piano di manutenzione per la gestione dell’esistente, a cui successivamente aggiungere un programma di riqualificazione delle gallerie, operato attraverso interventi straordinari, destinato alla ricostruzione dell’originale architettura vegetale.

Il piano di manutenzione è stato articolato su due periodi: un primo, denominato periodo transitorio (con durata indicativa di 5 anni, ma estendibile fino a 20 anni a seguito verifica operata con ricontrolli VTA dello stato di salute dell’alberatura), che è stato incentrato su un ciclo d’intervento annuale, e su interventi cesori semplici e abbattimento di soggetti compromessi; lo completano, interventi di endoterapia, rigenerazione radicale e frequenti controlli VTA.

Vi fa seguito, qualora i monitoraggi rilevino un marcata miglioria dell’efficienza dell’alberatura, un piano di manutenzione con interventi di manutenzione a cadenza biennale. Contestualmente, prendono avvio gli interventi di riqualificazione che sono fondati sul rinnovo attraverso la messa a dimora di giovani lecci già ‘formati’ in vivaio, dislocati nell’area secondo un attento controllo della posizione d’impianto, così da completare il disegno di ricostruzione (appoggiandosi ai cicli di manutenzione ordinaria) delle gallerie vegetali di Castel Gandolfo.

In relazione ai temi prettamente paesaggistici, l’approccio storico – ecologico sugli alberi, assunto con analisi xilologica su esemplari di vecchie ceppaie di leccio rinvenute in area e su sezioni lignee provenienti sia da Gallerie di sopra che di sotto, ha messo in luce un range di età originaria delle piante compreso tra 135 e 153 anni e un’evidente origine agamica delle piante, confermando la valutazione che gli alberi d’alto fusto attuali si sono originati da polloni poi affermatesi per vigoria naturale e per selezione antropica.

Queste considerazioni ci hanno altresì indotto ad effettuare un’individuazione degli alberi monumentali in qualità di ‘testimoni del tempo’, secondo criteri di stato di salute, portamento, rappresentatività storica della specie e di componente strutturale delle gallerie. Lo scopo di questa identificazione è far avere seguito nella normativa regionale vigente alla selezione delle piante e conservare una ‘memoria’ genetica dell’alberatura.

Dal punto di vista prettamente arboricolturale, l’analisi delle chiome ha evidenziato l’esistenza di una sequenza storica di tagli di spuntatura e di speronatura, significativa per il governo delle chiome in gallerie vegetali, ma ha anche portato alla luce una forte disomogeneità del trattamento nel tempo, in conseguenza dell’allargamento della sede stradale e dal transito di mezzi sempre più ingombranti, seguita poi dalla riduzione dell’intensità manutentiva (anche per le difficoltà oggettive di operare in strade con crescenti flussi di traffico), da cui deriva un generale e diffuso squilibrio delle parti aeree, con chiome fortemente condizionate dalle capitozzature e spesso prive di settori di chioma.

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