Articolo del 11/10/2015 18:06:54 di Ferrini Francesco

Esotiche ed erotiche: scelta delle specie per le aree verdi

La scelta delle specie rappresenta sicuramente il punto più delicato nella progettazione del verde ma, ancora oggi, nei progetti che vengono realizzati, viene attribuita a questo aspetto, un’importanza non sufficiente.
Lo studio della vegetazione potenziale della zona, seguito da un’analisi delle reali possibilità di sviluppo di ogni specie, nonché delle possibili vicarianze o interferenze (interazioni biotiche), sia inter- sia intraspecifiche, è il punto di partenza dal quale non si può prescindere se si vogliono evitare le incongruenze estetico-paesaggistiche, che troppo frequentemente contraddistinguono le zone di verde sia pubblico, sia privato.
È perciò, fondamentale che l’idea e il progetto dello spazio aperto siano in stretta relazione con l’ambiente circostante, in modo che l’area verde (parco, giardino, strade-giardino, ecc.) appaia armonizzato e non in contrasto con esso. È molto importante, a questo riguardo, sottolineare che il rapporto fra aree verdi e aree edificate resta legato ad equilibri sottili o a violenti contrasti che possono determinare paesaggi e ambienti particolari in senso sia positivo sia negativo. L’uso eccessivo di piante o, all’opposto, di elementi inerti cosiddetti di effetto,  anziché creare un suggestivo e gradevole effetto di contrapposizione può, infatti, appiattire la composizione, in quanto ciascun elemento di contrasto tende a confondere e a confondersi con gli altri, creando un disordine percettivo, causato dalla mancanza di una cornice o di uno sfondo contro cui evidenziare gli elementi di maggior pregio.

La scelta delle specie è poi strettamente vincolata alle caratteristiche pedologiche e ambientali che, nella maggior parte dei casi, restringono il campo a quelle che hanno dimostrato di adattarsi, se non addirittura di prosperare, in ambienti limite, come ad esempio quelli urbani o litoranei, in cui le potenzialità vegetative sono spesso fortemente represse.
Il clima (a parte le connotazioni climatiche generali, i parametri pregiudiziali da prendere in considerazione sono, senza alcun dubbio, la temperatura minima media ed estrema e, dove non è possibile irrigare, la pioggia: media annuale, media periodo estivo, frequenza degli eventi piovosi), le caratteristiche fisico-chimiche del terreno, lo spazio disponibile per lo sviluppo delle piante (superficie e volume di terreno), la vicinanza di abitazioni o costruzioni particolari e di vie di comunicazione, la presenza di inquinanti specifici, la vicinanza al mare o a grandi bacini lacustri, il contesto paesaggistico, con le sue connotazioni vegetazionali e, più in generale, naturalistiche, architettoniche e normative, sono tutti elementi (vincoli) dei quali deve essere tenuto conto nella scelta delle varie specie. Il trasferimento di specie in ambienti profondamente diversi da quelli originari comporta, infatti, una serie di difficoltà il cui superamento può essere assicurato soltanto da un’attenta analisi di tutti questi fattori.

La scelta delle specie per un giardino sia pubblico, sia privato, è quindi un problema complesso, non risolvibile con un breve sopralluogo e la produzione di una planimetria dove sono riportati la posizione o il nome delle piante. Essa dovrebbe essere la conclusione di un ragionamento logico che integri tutta una serie di informazioni derivanti da analisi territoriali, paesaggistiche e storiche, con quelle ottenibili da aggiornate banche dati attualmente disponibili anche su diversi siti Internet.

Aesculus Carnea (Ippocastano)

In questo contesto si inserisce, talvolta assumendo toni da sciovinismo botanico, il dibattito sull’uso esclusivo di piante native per le nuove piantagioni o, comunque, sulla loro priorità nei confronti delle essenze alloctone. Intorno al termine nativo e al suo reale significato c’è, tuttavia, molta confusione; è un termine fluido che necessita di un preciso contesto per essere pienamente compreso.

In accordo con quanto presente in letteratura possiamo dividere le piante native in diverse categorie, distinguendo nettamente le piante autoctone, originate ed evolute in un determinato luogo, da quelle indigene che, invece, si sono stabilite nel tempo in alcune zone, ma che in esse sono state introdotte da eventi naturali e, infine, da quelle naturalizzate, specie cioè, massivamente immesse per mano antropica in determinate zone dove esse si sono perfettamente adattate.

Credo sia utile sottolineare che l’ambiente urbano è, spesso, molto diverso dall’ambiente naturale dove le specie si sono evolute e che,talvolta, specie esotiche potrebbero fornire performance migliori rispetto a specie che, pur essendo native della zona, potrebbero avere serie difficoltà a prosperare nelle nostre città, dove le condizioni climatiche e le caratteristiche del terreno possono essere completamente diverse.

Inoltre, dovremmo porci alcune domande quando ci si trova a decidere sulle specie da utilizzare:

  • Quali alberi dovrebbero essere piantati per garantire un maggiore (potenziale) sequestro di CO2 e un più rilevante abbattimento degli inquinanti?
  • Quali specie native ed esotiche selezionate potranno meglio affrontare l’aumento di temperatura previsto nei prossimi decenni?
  • Può essere aumentata la naturale tolleranza di certe specie alla siccità mediante l’impiego di adeguate e migliorate tecniche gestione?
  • Come cambieranno le interazioni tra le specie?

Su queste basi non è da escludersi a priori l’impiego delle specie esotiche ma, più semplicemente, una volta valutata le loro potenzialità per i nuovi impianti, confrontandola con quella di specie native, introdurle dove esse possano massimizzare i benefici forniti ad esempio in termini di sequestro di CO e/o di abbattimento degli inquinanti.

BouganvilleaD’altra parte è bene sottolineare che il loro uso eccessivo non deve portare a una sorta di globalizzazione vegetale a scapito delle specie tipiche di certe areeLa vegetazione autoctona, indigena o naturalizzata, può rappresentare lo sfondo ideale per esaltare le caratteristiche ornamentali di alcune specie esotiche, creando elementi di contrasto che permettono la piena valorizzazione della specie rara. Del resto non è facile pensare (cosa che purtroppo potrebbe succedere, per colpa del Punteruolo Rosso) ai nostri lungomare del Sud Italia (o alla Riviera Ligure di Ponente) senza le palme (tutte esotiche a parte la Chamaerops humilis o Palma nana di San Pietro), o ai giardini delle isole senza la Bougainvillea o senza altre specie esotiche che sono entrate ormai a far parte dell’iconografia classica delle nostre zone litoranee e anche lacustri. Per cui perché non usare alcune specie esotiche che presentano caratteristiche (ma non solo) che le rendono oltre che esteticamente attraenti, ancheambientalmente valide, quindi esotiche ed….erotiche!!

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