Articolo del 01/10/2015 19:07:30 di Zonca Marco

Le cooperative sociali e l’approccio orticolturale

Categoria: Ortoterapia

L’agricoltura, da sempre, è connotata da caratteri di accoglienza e inclusione sociale: nel mondo agricolo e orticolo qualsiasi persona, indipendentemente dalle proprie condizioni fisiche o psichiche, trova mansioni da svolgere.

Le cooperative sociali che si occupano di agriorticoltura devono cercare di coniugare le esigenze della parte imprenditoriale e, quindi, riuscire a stare sul mercato, con la componente sociale, riuscendo così a dare risposte costruttive e incentivanti ai bisogni delle persone più fragili.

In quest’ottica, l’agricoltura sociale risponde, nel contempo, alle richieste del mercato e a quelle della società civile, ‘ri – innovando’ positivamente tutti i valori dell’agricoltura tradizionale.

Gli aspetti specifici di una innovazione promossa dall‘agricoltura sociale sono:

A) la capacità di riuscire a essere competitiva sul mercato, potendo offrire prodotti e avendo, contemporaneamente, un connotato etico e sociale chiaro e riconosciuto dai consumatori;

B) creare tipi di luoghi e di contesti per valide inclusioni sociali, benessere, ri / abilitazione e cura di persone portatrici di disabilità;

C) creare modelli di coesione sociale nei territori in cui è vivacemente presente e operativa.

Aspetti specifici

A) Competitività: negli ultimi anni, parecchi nuovi elementi quali, in particolare, le notizie sempre più incalzanti e allarmanti circa la contraffazione degli alimenti e la contingente crisi economica, hanno contribuito ad aumentare la consapevolezza delle famiglie sulla necessità di interessarsi specificamente e di tenere sotto controllo gli effetti di questo modello economico / produttivo.

Da questa consapevolezza è nata l’idea che è possibile cercare di cambiare il modo di acquistare grazie a consumi consapevoli, etici ed eco – compatibili.

Alcune esperienze riguardanti commercio equo, Slow-Food e Libera Terra, per citarne alcune, stanno dimostrando che il consumatore è sempre più interessato ai valori intrinseci, e non solo a quelli estrinseci, di un prodotto.

In altre parole, il consumatore consapevole diventa gradualmente sempre più disposto a valorizzare, con i suoi acquisti, quei prodotti che possono garantire genuinità e legalità, ma anche rispetto per l’ambiente e per i diritti umani.

Il rischio, tuttavia, è che questa visione dell’agricoltura sociale possa rimanere appannaggio di poche persone: la promozione della nascita di Gruppi di Acquisto Solidale (G.A.S.) evita che questi prodotti ed il loro commercio rimangano nella nicchia esclusiva rappresentata dalla disponibilità sociale e dalla lungimiranza ecologica.

I G.A.S. sono reti di famiglie che si consorziano per acquistare cibi connotati da particolari caratteristiche, che garantiscano di essere:

  • tutelati da una produzione sviluppata con metodi biologici;
  • prodotti nel rispetto dell’ambiente e degli animali;
  • ottenuti con metodi di lavoro etici;
  • acquistati direttamente dal produttore.

Una cooperativa sociale che sviluppi interessi di agriorticoltura può concretizzare tutto quanto sopra scegliendo di non vendere i propri prodotti ai supermercati interessati soltanto al marchio ‘Biologico’ e all’aspetto esteriore degli ortaggi e delle verdure perché questi tendono alla logica del profitto e, conseguentemente, a disincentivare l’impegno nelle coltivazioni biologiche.

In particolare, la collaborazione con la grande distribuzione spinge verso monocolture e selezioni degli ortaggi mediante il criterio del grande e del perfetto, scartando quei prodotti che non rientrino negli standard prefissati: conseguentemente, un’attività agriorticolturale di tipo sociale si trova costretta a sperimentare altre vie per la sua realizzazione.

La soluzione migliore sembra essere quella rappresentata dalla scelta di creare rapporti diretti con i consumatori, presentando i propri prodotti, spiegandone valori aggiunti e importanza sia sociale che alimentare. E una vendita diretta si realizza sostanzialmente con le due seguenti modalità:

  • banchetti di vendita nei mercatini rionali;
  • contatti diretti con i G.A.S.

Queste due modalità si sono dimostrate, nel tempo, vincenti perché lo stile di vendita rappresentato dal rapporto diretto con i consumatori ha permesso di valorizzare tutta quella parte di lavoro sociale che sta alla base della produzione.

B) Ri / Abilitazione: l’agricoltura biologica è anche un laboratorio di percorsi ri / abilitativi per le persone con disagi psichici di vario tipo e livello.

La scelta di ri / abilitare grazie ad attività lavorative può offrire al welfare della disabilità l’occasione di operare un cambiamento importante non solo dal punto di vista dell’impianto generale ma anche della tipologia delle prestazioni dei servizi socio – sanitari.

Poter offrire contesti non medicalizzati per le prese in carico e per gli inserimenti socio – lavorativi permette, infatti, di ridisegnare un sistema assistenziale caratterizzato da connotazioni particolari e basato su valori completamente diversi da quelli del passato. Una visione operativa di questo tipo è, inoltre, riproducibile in situazioni di varia tipologia, tutte comunque finalizzate al prendere in considerazione anche il miglioramento della Qualità di Vita dei soggetti cooperativizzati.

La scelta dell’agricoltura biologica, inoltre, permette di costruire assonanze fra la coltivazione / cura di ortaggi, verdure e piante e le funzioni del prendersi cura di una persona all’interno di un percorso ri / abilitativo e formativo. Questo modello di ri / abilitazione è basato sulla valorizzazione delle risorse che tutti, anche se in misura diversa, posseggono e sono in grado di realizzare.

Con un’impostazione di questo tipo vengono cambiati radicalmente quegli aspetti di pensiero e di operatività facenti riferimento alla necessità che la presa in carico delle persone debba avvenire esclusivamente in luoghi sanitarizzati e ha collateralmente consentito realizzazioni lavorative e dignità sociale alle persone svantaggiate.

In quest’ottica, la vendita dei prodotti agriorticolturali non è soltanto un’operazione commerciale ma risulta principalmente un importante rinforzo ri / abilitativo positivo, di tipo remunerativo (che può essere anche in senso economico ma che è soprattutto di riconoscimento nell’accezione più vasta del termine). Le fatiche dei disabili vengono, infatti, riconosciute e apprezzate proprio grazie agli acquisti di ortaggi, verdure e piante che loro hanno contribuito a coltivare, raccogliere e vendere.

L’inserimento lavorativo, in un’ottica di Impresa Sociale, è concepito come parte integrante di un efficace percorso ri / abilitativo quale fondamentale strumento di reintegrazione sociale e, soprattutto, come riconoscimento delle capacità di persone disabili di rendersi attrici di situazioni finalizzate a creare benessere per se stesse e vantaggio per la collettività.

C) Coesione Sociale: l’esperienza dell’agricoltura sociale e biologica, oltre a favorire vari tipi di percorsi ri / abilitativi e di inserimento lavorativo, ha creato sul territorio realizzazioni positive, esterne alle cooperative stesse: fra queste risultano particolarmente importanti quelle caratterizzate dagli sviluppi della coesione sociale.
Altre realtà, non meno significative, conseguenti ai progetti della cooperazione finalizzata a questo tipo di agriorticoltura sono quelle riportate di seguito.

  • La tutela del territorio:

i terreni coltivati possono essere limitrofi alla città e, quindi, a rischio di urbanizzazione selvaggia: la presenza di una cooperativa può contribuire a creare una sorta di parco agricolo, riuscendo così a sottrarre la zona a possibili speculazioni edilizie modulandone, invece, l’abitabilità.

  • La tutela dell’ambiente e della salute:

l’attività biologica contribuisce a rispettare i terreni e, quindi, la salute delle persone perché non vengono usati prodotti che possono contaminare le aree utilizzate per le coltivazioni.

  • Lo sviluppo eco – sostenibile dell’area:

possono venir favorite le conversioni di agricolture limitrofe che, cosi, da tradizionali si trasformano in biologiche.

  • Le collaborazioni con altre realtà del sociale:

le attività possono essere messe a disposizione di altre realtà sociali operanti sul territorio come, per esempio, gli spazi per i tirocini lavorativi: da queste collaborazioni si possono ipotizzare, quindi, progetti per l’ampliamento degli appezzamenti di terreno coltivati con metodo biologico, coinvolgendo altre realtà del sociale e anche privati.

  • L’economia solidale e la filiera corta:

i prodotti ottenuti vengono venduti senza intermediari alle famiglie nei mercatini rionali o direttamente ai G.A.S.

  • La collaborazione con le scuole:

gli spazi agricoli non solo possono essere messi a disposizione di Istituti Scolastici di vario tipo e livello per tirocini formativi, ma si può anche collaborare per progetti ortodidattici all’interno dei plessi scolastici, permettendo ai bambini di poter fare esperienza di economia sostenibile; risulta, inoltre, possibile realizzare, con la promozione della nascita di G.A.S. all’interno della scuola, la vendita di verdure coltivate dai bambini.

Azioni di coesione sociale

I quartieri, a seconda della loro dislocazione topografica, possono essere privi di adeguati servizi: frequentemente non esistono luoghi significativi di ritrovo e i giovani, crescendo, tendono conseguentemente a spostarsi o ad andare via dal quartiere stesso. Grazie all’esperienza diretta del territorio e dei suoi abitanti, le cooperative sociali possono riuscire a mettere insieme diversi soggetti istituzionali, alcuni produttori, il volontariato, la cooperazione e anche alcuni cittadini allo scopo di ripensare al tema dell’abitare in quel quartiere.

Da questi rapporti e dai vari confronti nascono progetti di coesione sociale che prevedono diverse attività sul territorio a beneficio dei cittadini e con l’obiettivo di riattivare le relazioni all’interno del tessuto sociale.

Per concludere, alcune proposte legate al mondo del verde possono risultare significative. Nella fattispecie si devono ricordare:

  • la disponibilità ad utilizzare i campi per attività didattiche con le scuole del quartiere;
  • la possibilità di attrezzare gli eventuali spazi di terreno per l’accesso ai portatori di handicap, prevedendo anche possibilità di lavoro specifiche per le disabilità;
  • l’avvio di mercatini all’interno degli spazi di aggregazione sociale per evitare alle persone del quartiere, e soprattutto agli anziani, di doversi spostare per l’acquisto di verdure e ortaggi, il trasporto dei quali può risultare anche difficoltoso;
  • la nascita di negozi di vicinato, cioè luoghi dove gli abitanti possano trovare sia generi alimentari di prima necessità che tutte le produzioni dirette (verdure ed ortaggi ma anche, nel caso sia presente una fattoria sociale, latte, formaggi, uova, insaccati e carni).

Tratto dal Libro Manuale per l’approccio orticolturale nella ri/abilitazione della Disabilità Intellettiva, la cui pubblicazione è stata patrocinata dalla Scuola Agraria del Parco di Monza e dalla Società Italiana per lo studio il Ritardo Mentale. Il libro può essere acquistato anche presso la segreteria della Scuola.

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