Articolo del 02/10/2015 19:07:16 di Ghiberti Marzia

In logopedia si coltiva il linguaggio: un’esperienza

Categoria: Ortoterapia

Da anni, nel servizio di Npi 1 dell’ASLTo2 in cui opero in qualità di logopedista, le terapie complementari, quali le arti terapie e la fiaba, sono state attivate per dare risposte più confacenti a un’utenza numerosa e complessa nelle sue esigenze, poiché formata anche in gran parte da stranieri con difficoltà di comprensione linguistica.

All’interno di questa impostazione e sensibilità data dalla Referente, la Dott.ssa Maria Baiona, mi è stata data la possibilità di frequentare dei corsi di formazione in Ortoterapia presso la Scuola Agraria del Parco di Monza. In questo ultimo anno soprattutto ho avuto modo di apprezzarne gli arricchimenti e gli stimoli nella quotidianità del mio lavoro.

Il compito del logopedista appare spesso il ruolo tecnico di chi fa emergere suoni articolati e parole; in realtà, nell’acquisizione del linguaggio, l’emissione di suoni è solo l’aspetto più percepibile e superficiale di un fenomeno molto complesso, che ha radici profonde. Il suo scopo è dare voce a una comunicazione e narrazione personale, attraverso un codice comune -lingua- specifico di un gruppo di persone che condividono una storia e un territorio.

Lo sconforto di un genitore di fronte al problema di linguaggio del figlio lo può trasformare, suo malgrado, in un interlocutore carente, che non riesce più a offrire un modello linguistico corretto e ricco.

In una famiglia la presenza di un handicap significa dover riprogettare la quotidianità per far spazio alle cure, che comportano scadenze e impegno costanti, poiché la riabilitazione avviene in luoghi dedicati e spesso adotta strumenti e ausili propri, che possono sembrare invadere ogni istante con il rischio di demotivare l’utilizzo delle competenze acquisite all’esterno dell’ambulatorio.

Gli insegnamenti del corso di ortoterapia della Scuola Agraria del Parco di Monza sono stati applicati tenendo conto del contesto relazionale che deriva dalla riabilitazione e hanno fornito benefici a vari livelli.

Partendo dal primo importante messaggio ricevuto dalla Dott. Tina Ponzelliniper iniziare con l’ortoterapia non si deve pensare di dover avere a disposizione grandi spazi e grandi risorse - inizialmente si è lavorato con pochi vasi, all’interno della stanza in cui opero. Con i ragazzi sordi, italiani e stranieri, sono stati realizzati dei personaggi, partendo dalle suggestioni delle fiabe raccontate precedentemente in gruppo.

La costruzione ha coinvolto i ragazzi più grandi, sordi italiani e stranieri della scuola media e superiore, perché richiedeva una certa abilità manuale. I bambini più piccoli ne hanno usufruito poiché si sono presi cura a turno delle giovani piante e ne hanno osservato i cambiamenti; l’innaffiatura li ha sempre molto interessati perché trovavano divertente aspettare lo sgocciolamento dell’acqua dal vaso superiore, poi il passaggio nel mediano, infine osservare come terminava nell’inferiore.

Rispetto ad altre esperienze di costruzione di personaggi con materiali riciclati, questa ha avuto un valore aggiunto, in quanto era soggetto a cambiamenti spontanei e naturali: ora la crescita dei capelli, ora la fioritura del vestito, ora la fine del ciclo vegetativo. Questo, dal punto di vista logopedico, ha creato una situazione di narrazione molto motivante, è stato un vero scatenatore di linguaggio, trasversale rispetto alle età e possibilità.

Secondo la necessità riabilitativa si è lavorato a vari livelli di complessità linguistica. La strutturazione della frase è stata stimolata non solo dalla storia del personaggio, ma anche dalle diverse fasi della coltivazione, dalla semina al trapianto, nonché dalla scoperta dell’origine delle piante. Questa fase è stata molto significativa, soprattutto per i bambini e ragazzi stranieri, poiché scoprire che molte piante comuni hanno origini lontane e sono arrivate in Italia con viaggi e avventure ha creato empatia e assonanze con la storia di immigrazione loro e dei loro genitori. E’ stata esplorata con efficacia la suggestione dei modi di dire sentirsi sradicati, mettere radici e sono stati cercati parallelismi con le lingue madri dei genitori.

La programmazione fonologica (capacità di produrre parole lunghe e complesse) e l’articolazione sono state stimolate dall’apprendimento dei nomi delle piante, dal più semplice (quello comune), al più difficile (nome scientifico).

Il lessico è stato arricchito non solo con l’acquisizione di nuove parole, ma anche con la strutturazione di nuovi campi semantici, partendo dalla classificazione delle famiglie delle piante, dalle caratteristiche delle foglie e dei semi, dalla scoperta degli aromi.

Il seme che non è germinato o la piantina che è appassita sono diventati occasione di scambio e considerazioni rispetto all’insuccesso. L’esperienza condivisa con me, l’adulto che riabilita e che dovrebbe quindi essere portatore della soluzione dei problemi, ha permesso di contestualizzare l’accaduto in tutti i suoi passaggi e di trovarne la causa e il rimedio.

Sia pure in un piccolo spazio, queste attività, nella loro semplicità di attuazione, sono state un’occasione per ripensare al mio lavoro alla luce di stimoli che, se colti, possono valorizzare il quotidiano di ogni persona, e soprattutto per la disabilità contribuiscono a migliorare la qualità della vita.

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