Articolo del 08/10/2015 16:04:24 di Gaiani Gianluca Maria

Il ruolo delle imprese boschive

Categoria: Agricoltura

Tratto dal libro “Il settore forestale, un’opportunità di sviluppo”, a cura di Gianluca Gaiani – Pio Rossi
- ISFOL, edito dalla Scuola Agraria del Parco di Monza.
Sulla base dei dati dell’inventario nazionale (INFC 2005) la superficie forestale italiana è stimata in 10.673.589 ettari, pari al 34,7% del territorio nazionale.

Considerando poi la progressiva contrazione delle aree agricole e pastorali, tale superficie è da considerarsi in progressivo aumento.

Si tratta di boschi caratterizzati da una elevata diversità specifica cui si aggiungono condizioni orografiche difficili che ne fanno da una parte elementi ambientali di grande pregio (elevata biodiversità) e dall’altra formazioni di difficile gestione selvicolturale distinguendoli in modo sostanziale dalle formazioni forestali di molti altri paesi europei.

Sul territorio regionale lombardo la situazione rispecchia a grandi linee quella nazionale.

Sulla base della foto-interpretazione delle foto aeree anno 2007 la superficie forestale della regione Lombardia ammonta a poco più di 600.000 ettari.

La maggior parte della superficie forestale si colloca in territorio montano ( oltre il 50% del territorio montano è coperto da boschi) e solo il 4% del territorio di pianura è classificato bosco.

Mentre la superficie residuale boscata di pianura tende progressivamente e inesorabilmente ad assottigliarsi ulteriormente, in montagna i boschi aumentano sottraendo sempre maggiore spazio ai pascoli e all’agricoltura.

Dai dati statistici emerge una situazione di sottoutilizzo delle risorse forestali e quindi di progressivo abbandono dei boschi ad una evoluzione/involuzione che presenta numerose incognite e molti rischi per gli ecosistemi forestali.

A partire dalla metà del secolo scorso le foreste hanno assunto via via un ruolo sempre meno rilevante per l’economia nazionale conseguentemente al progressivo abbandono delle montagne. Al costante aumento della superficie forestale non ha fatto seguito un proporzionato aumento delle utilizzazioni forestali e quindi del prelievo di legname.

I dati ISTAT sulle utilizzazioni forestali in Italia evidenziano lo squilibrio tra l’elevato consumo interno di materia prima legnosa e l’esiguo prelievo forestale nazionale.

Anche se circa l’80% della superficie forestale risulta effettivamente disponibile al prelievo, una serie di difficoltà, dalla polverizzazione della proprietà alle difficili condizioni orografiche passando per la struttura delle imprese boschive, hanno frenato lo sviluppo del settore delle utilizzazioni forestali.

Le conseguenze dell’abbandono possono essere sintetizzate così:

Peggioramento della qualità tecnologica del legname perché eccessivamente invecchiato o perché non oggetto dei necessari interventi colturali intermedi;
Aumento eccessivo della presenza di legno morto in bosco e conseguente aumento del rischio incendio;
Sviluppo di patologie e pullulazioni di parassiti nei boschi abbandonati;
Assenza di rinnovazione a causa dell’eccessivo grado di copertura del suolo;
Maggiore sensibilità dei popolamenti abbandonati a eventi catastrofici ( trombe d’aria, nevicate eccezionali);
Riduzione della funzione protettiva dei boschi abbandonati;
Abbandono dei tracciati e delle vie di esbosco e della manutenzione alle opere di regimazione delle acque;
Riduzione del numero degli addetti e ulteriore spopolamento delle aree svantaggiate.

È necessario, per tutelare il nostro patrimonio forestale e la biodiversità ambientale che rappresenta, sostenere e garantire la gestione selvicolturale dei boschi, sostenere e garantire il presidio del territorio e la sua manutenzione anche in aree svantaggiate come quelle montane.

È urgente una svolta culturale, che coinvolga trasversalmente diversi livelli della società ma anche della politica, e che riconosca il fondamentale e insostituibile ruolo svolto dalle imprese boschive. La loro attività non solo non incide negativamente sull’ambiente, ma costituisce il braccio operativo per la tutela, conservazione e miglioramento delle foreste del nostro paese.

Non si fa selvicoltura senza imprese boschive, questo banale ma spesso trascurato concetto deve spingere a sostenere in tutti i modi possibili questo settore economico oggi marginale e dimenticato.

Se è vero, come ormai universalmente riconosciuto, che le foreste svolgono un ruolo insostituibile nel delicato equilibrio del nostro pianeta e assolvono a funzioni di cui tutti i cittadini beneficiano, è necessari attribuire e riconoscere a tali benefici di carattere ambientale un valore economico da destinare al sostegno di questo settore.

Il ruolo di manutentori del territorio svolto dalle imprese agricole e forestali deve essere retribuito e sostenuto.

Le imprese boschive, che operano oggi sul territorio nazionale in generale e Lombardo in particolare, si trovano di fronte a tutta una serie di ostacoli che solo in minima parte dipendono dalle caratteristiche del territorio e dei boschi:

Orografia del territorio caratterizzata da elevate pendenze;
Interpretazioni esasperate della selvicoltura naturalistica che si traducono in prelievi quantitativamente irrisori ed economicamente insostenibili;
Viabilità forestale insufficiente per quantità e qualità e comunque inadeguata alle moderne attrezzature di lavoro;
Normativa che attraverso procedure complesse e macchinose scoraggia le utilizzazioni, in particolare nelle aree ricadenti in ambiti protetti;
Inadeguatezza dell’imprenditorialità delle imprese boschive spesso legate a tecniche del passato e con una scarsa formazione professionale quasi sempre attinta esclusivamente dall’esperienza;
Livello di meccanizzazione inadeguato, che non consente di competere con la concorrenza delle imprese d’oltre confine;

In questo contesto le industrie di prima trasformazione del legno trovano più conveniente reperire la materia prima all’estero dove possono contare su maggiori garanzie di un regolare approvvigionamento e di standard qualitativi del materiale migliori.

Ecco perché l’Italia è, all’interno dei paesi europei, quello con il più basso grado di autosufficienza nell’approvvigionamento di materia prima legnosa.

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