06 Ottobre 2015

La manutenzione virtuosa del verde, questa sconosciuta

Paesaggisti, agronomi e pianificatori si sono ritrovati a Carate Brianza per tracciare lo stato dell’arte della manutenzione programmata del verde e delle sue metodologie. Il seminario, che ha avuto luogo il 9 ottobre, è stato organizzato dalla scuola Agraria del Parco di Monza in collaborazione con ReGIS e l’Ordine degli Architetti di Monza e Brianza.
di Davide Cerruto

“Il giardino è un pensiero, abbiamo l’obbligo di chiederci come sarà tra trent’anni” – Ermanno Casasco

È la pratica più sottovalutata, snobbata e vilipesa del mondo del giardinaggio. Stiamo parlando della manutenzione del verde, una Cenerentola con sempre meno estimatori. Potare un albero nel modo giusto, rigenerare un tappeto erboso o consolidare un terrazzamento sono operazioni che forse non scaldano i cuori dei proprietari di giardini, per i quali rappresentano solamente dei costi fissi, né tantomeno incontrano i favori delle amministrazioni comunali, che per forza di cose considerano la manutenzione delle aree verdi una mera voce di bilancio da spremere al ribasso. Ma tirare troppo la cinghia può portare a risultati disastrosi nel giro di pochi anni.


DOVE, COME, PERCHÉ
A invertire questa preoccupante tendenza ci prova la Scuola Agraria del Parco di Monza, che ha fortemente voluto il convegno “Piano di gestione e manutenzione programmata nella progettazione paesaggistica", organizzato in collaborazione con ReGiS (Rete dei Giardini Storici) e con l’Ordine Architetti P.P.C. (Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori) di Monza e Brianza. L’evento si è tenuto venerdì 9 ottobre presso l’auditorium “Il Parco” di Carate Brianza e nasce con la finalità di riscattare quest’eterna incompresa, la manutenzione appunto, sensibilizzando operatori, professionisti e cittadini, in sintonia con un più ampio programma di diffusione di cultura del verde che l’istituto monzese persegue da tempo. Sul palco un fitto parterre di paesaggisti, agronomi e tecnici operativi sul campo ha contribuito a tracciare un quadro complessivo sul ruolo della manutenzione sul territorio. L’onore di aprire i lavori è toccato a Filippo Pizzoni, paesaggista di fama nonché direttore, fresco di nomina, della Scuola Agraria del Parco di Monza. Ne è venuto fuori un dibattito molto animato - moderato dall’architetto paesaggista Roberto Seveso - che ha messo sul piatto esperienze personali, dati di mercato, spunti di riflessione e casi concreti che lasciano intravedere i possibili rimedi, che passano attraverso piani del verde puntuali e una gestione oculata delle risorse. Insomma, le soluzioni esistono, ma bisogna darsi da fare e spendere meglio i (pochi) fondi a disposizione.

REGOLA N° 1: IMPARA LA TECNICA (E POI PRENDI LA CALCOLATRICE)
Laura Bassi, dottoressa agronoma, vice-direttrice e docente in forza alla Scuola Agraria del Parco di Monza, ha indottrinato gli astanti sul lavoro del progettista: quando riceve l’incarico di allestire un’opera a verde, il bravo progettista deve contestualmente realizzare un piano di manutenzione ordinaria che individui le operazioni necessarie , i tempi di intervento e di conseguenza i costi (un’aiuola di stagionali, ad esempio, necessita di almeno tre trapianti all’anno per essere efficace, un tappeto erboso curato esige tra i dieci e i venticinque tagli l’anno). In questo modo l’amministratore avrà in mano fin da subito i costi complessivi e di conseguenza saprà in anticipo se quell’opera avrà un futuro o meno. Non è sufficiente saper concepire una magnifica tavola di progetto o fare un rendering spettacolare al computer, quello che serve davvero è che architetti e garden designer abbiano una conoscenza approfondita delle tecniche di manutenzione, solo così potranno modulare le proprie scelte in funzione delle disponibilità economiche.

REGOLA N° 2: METTI LA MANUTENZIONE NEL PROGETTO (PS: IL GIARDINO NATURALE NON ESISTE)
In ambito paesaggistico l’importanza della manutenzione vale tre volte tanto rispetto ad altri settori proprio perché parchi e giardini sono “opere aperte” per antonomasia, che cambiano nel tempo, e non necessariamente in meglio, anzi. Ricordiamoci che i giardini ornamentali sono pur sempre opere artificiali. Oltre mezzo secolo fa Russell Page, pioniere dei paesaggisti inglesi, già predicava che “esistono ben pochi giardini che possono essere lasciati stare”. Semmai, e questo è il punto cruciale di tutta la questione, la gestione della manutenzione deve essere parte integrante del progetto fin dall’inizio. Viceversa, se abbandonata, la natura si riprende i propri spazi, che non collimano quasi mai con i nostri. E nel giro di pochissimi anni delle semplici ederine diventano una boscaglia impenetrabile, una piccola Pyracantha un intrico di rovi e le oasi verdi si trasformano in zone inaccessibili e degradate. Così “non” facendo, i giardini perdono le loro funzionalità e cessano di essere un bene comune e un valore aggiunto per la comunità. Per questo motivo è cosa buona che gli appalti delle opere a verde prevedano 2, 3 o anche 4 anni di manutenzione inclusi nell’offerta e che siano contabilizzati nel computo.

REGOLA N°3: IMPARA DAI TUOI ERRORI (PAROLA DI CASASCO IL PICCONATORE)
Vibrante è stato l’intervento di Ermanno Casasco, paesaggista di livello internazionale che, parlando perlopiù a braccio, ha dapprima dispensato “picconate” al business delle potature (“Sono il termometro del livello di corruzione di un comune”), ha punzecchiato la stampa specializzata che cavalca mode poco sensate (“Un kg di pomodori coltivato sul balcone mi costa 50 euro”), non ha mancato di tirare stilettate ai colleghi (“Io un bosco verticale non l’ho mai visto in natura, ho sempre frequentato quelli orizzontali”) e non ha risparmiato nemmeno i Beni Culturali, il cui operato è, a parer suo, troppo castrante nei confronti del paesaggio. D’altronde, in altri paesi come Francia e Inghilterra non si ha paura di intervenire drasticamente anche sui giardini storici, ad esempio i giardini di Versailles sono stati rifatti completamente tre volte, così come nel settecentesco tempio di Stowe, nel Regno Unito, non ci hanno pensato ad abbattere alberi troppo cresciuti per mantenere un equilibrio tra l’edificio e il suo intorno. Casasco suddivide il verde in due categorie fondamentali: il giardino “congelato”, quello in cui se muore un ligustro lo sostituisco, e il giardino “in progress”, da costruire sul posto nel corso degli anni. Inoltre, seguire la crescita di un giardino arricchisce enormemente il professionista, perché solo la manutenzione permette di capire i propri errori e insegna a non ripeterli. Insomma, quando si parla di verde non si finisce mai di imparare.

REGOLA N°4: FAI RETE E VALORIZZA QUEL CHE C’È GIÀ (MA PRIMA SEMPLIFICA LA BUROCRAZIA)
Una serie di interventi ha riguardato proprio i parchi storici e le ville di grande valore artistico al loro interno. Qui la sfida della manutenzione è ancora più grande perché bisogna preservare due beni, il giardino e l’edificio, che necessitano di due differenti tipologie di manutenzioni ma che andrebbero coordinate da un’unica regia. La base imprescindibile di ogni ricerca e attività in questo ambito parte dall'analisi di documenti storici e contemporanei che riguardano il sito. Quando si ha a che fare con edifici storici, ci spiega Rossella Moioli, architetto che collabora con i Beni Culturali, non parliamo più di manutenzione ma di "conservazione programmata", proprio a sottolineare la maggiore attenzione nel preservare l'autenticità dell'opera. Ma anche il giardino storico è un'architettura complessa - prosegue Carlotta Zerbi, ricercatrice presso il politecnico di Milano – perché è fatta di materiali e tecniche costruttive specifiche, e spesso include un sistema di vere e proprie ″stanze″ all’aperto pensate per intrecciarsi a simmetrie di filari, dislivelli e cannocchiali ottici che portano lo sguardo verso strutture, orizzonti o macchie di vegetazione. Prima di decidere gli interventi, bisogna costituire un archivio digitale del materiale documentario e bibliografico raccolto, in modo da ricostruire e implementare un rilievo arboreo, arbustivo e materico di tutto il sito. Quello che emerge è che la macchina burocratica dovrebbe essere più snella e flessibile, mentre attualmente i tecnici fanno addirittura a fatica a capire quali sono le procedure da seguire e le autorizzazioni da richiedere. Presente sul palco anche Laura Pelissetti, presidente della rete di giardini storici ReGIS, che ha ribadito l’importanza della manutenzione programmata nei giardini storici, ma anche sottolineato che da sola non basta. Per instaurare un processo virtuoso è necessario valorizzare il patrimonio dei giardini storici lombardi attraverso lo sviluppo di una rete sostenibile di competenze che coinvolgono i diversi Comuni e le istituzioni scientifiche. Uno degli obiettivi è arrivare a una gestione integrata sia negli aspetti legati alla tutela, sia in quelli riferiti alla pubblica fruizione dei giardini storici.

REGOLA N° 5: CHI PIÙ SPENDE MENO SPENDE (MONZA CITTÀ VERDE ANCHE SENZA PARCO)
Come si è capito, la manutenzione abbraccia numerosissime tipologie di spazi verdi – giardini privati, parchi naturali, parchi cittadini, giardini storici, verde pensile, orti urbani e via dicendo - che necessitano di trattamenti e gestioni differenziate. Ma c’è a monte un denominatore comune: lesinare sulla cura del verde è un errore strategico, perché la manutenzione ordinaria evita futuri e dispendiosi interventi in emergenza e, se applicata su larga scala, ci aiuta a tutelare il paesaggio nel suo complesso.
D’altra parte, se la manutenzione in progetto deve diventare la base di partenza, i risultati migliori si ottengono con pianificazioni capillari sul lungo periodo. Prendiamo una cittadina di media grandezza come Monza, che ha stanziato sette milioni di euro in sei anni per la manutenzione ordinaria del verde. Una cifra considerevole, ma bisogna tenere conto che il servizio di gestione integrata, appaltato a privati, prevede la manutenzione e il monitoraggio di un milione di metri quadri di verde e di ventimila alberature (parco escluso). Tanta roba, che non lascia spazio a improvvisazioni. L’agronomo Ambrogio Cantù, autore di uno degli interventi più apprezzati, ha spiegato che tutto il patrimonio (prati, arbusti, alberi, giochi) è censito su una piattaforma gestionale e ogni operazione viene riportata su una banca dati in modo da avere i dati sempre aggiornati. In questo modo si può effettuare un’analisi dei fattori di rischio e stabilire un crono programma con la definizioni delle priorità degli interventi. Intendiamoci, anche nel capoluogo brianzolo problemi e aree degradate non mancano, ma il modello monzese di gestione lungimirante delle risorse sembra funzionare, tanto che la città è stata insignita da poco del premio "La Città per il Verde" proprio per la sua gestione articolata della manutenzione che ha portato, tra le altre cose, a un consistente risparmio idrico delle irrigazioni e alla produzione in proprio delle essenze utilizzate nelle aiuole di pregio del centro storico (con la collaborazione della Scuola Agraria del Parco di Monza).

REGOLA N° 6: GESTISCI LE COMPLESSITÀ (PARCO NORD: IL BOSCO CHE VENNE DAL NULLA)
Le complessità aumentano in modo esponenziale quando parliamo di boschi metropolitani, luoghi in cui il concetto di manutenzione del verde acquista nuovi significati. Molto interessante in questo senso è l’esperienza del Parco Nord, nell’hinterland milanese, sorto dunque in un contesto fortemente industrializzato su ex-aree agricole rinverdite nel corso di tre decenni. L’agronomo Riccardo Gini, direttore del parco, racconta che il primo lotto di rimboschimento risale al 1983, e da allora il parco è cresciuto di svariati ettari ogni anno fino ai 650 attuali; oggi è un patrimonio di biodiversità che ospita un sistema di laghi, un velodromo, centri sportivi e un aeroporto. In trent’anni gli ettari di verde sono saliti a 364 (100 di foresta e 212 di prati) e la densità di impianto dei lotti è di 3000 piante/ha che vengono periodicamente sfoltite fino a ottenere una densità di 400/500 piante a bosco maturo, ognuna delle quali è georeferenziata e dispone di una scheda dedicata con la lista degli interventi passati e futuri. Qui progettazione e gestione della manutenzione si sono intrecciate fino a formare un unico processo creativo in costante evoluzione, e oggi nella foresta possono convivere un centinaio di essenze: troviamo farnie, ontani, pioppi bianchi ma anche alberi esotici come querce rosse e pini dell’Himalaya. In un contesto di questo tipo la gestione diretta della manutenzione e la centralizzazione degli interventi si sono rivelate la chiave per il successo.

CONCLUSIONI
Che si tratti di superfici verdi di medie e grandi dimensioni o di sistemi di verde urbani, è ormai chiaro a tutti che esiste un livello minimo di manutenzione dal quale non si può prescindere e che l’informatizzazione del censimento verde costituisce un passo obbligato verso una gestione virtuosa delle manutenzioni programmate. Gli strumenti ci sono già e sono alla portata. Basta un tablet, una connessione a Internet, una piattaforma software e un operatore che conosca le pratiche agronomiche per pianificare con mesi o anni di anticipo sfalci di erba, potature di alberi, arbusti e siepi, scerbature, concimazioni, controllo attrezzature, controllo alberi (VTA), raccolta foglie e diserbi. Concludendo, la materia è davvero molto complessa e sfaccettata, e le difficoltà da superare sono molteplici, quindi ben vengano le occasioni di divulgazione e confronto di questo livello che permettono di parlarne in modo costruttivo. Adesso aspettiamo il sequel.

PS: Un ringraziamento sincero a tutti gli ex allievi della Scuola Agraria del Parco di Monza che, grazie all’impegno profuso come sempre, hanno contribuito in modo determinate al successo di questo evento.

“C’è solo un modo per potare bene una rosa” – Vittorio Lorusso

FOTO DEI GIARDINI DI ERMANNO CASASCO

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