Articolo del 01/10/2015 15:03:00 di Sani Luigi

Pericolo e rischio: concetti importanti per la valutazione di stabilità degli alberi – Parte II

Categoria: Arboricoltura

Una volta definita la pericolosità di un singolo albero è necessario chiarire il ‘danno potenziale’ che questo può provocare.

Il fattore di danno è appunto il concetto che ci informa su ‘che cosa’ può cadere e dipende quindi, soprattutto, dalle dimensioni complessive del soggetto e/o delle sue porzioni (pianta intera, singoli rami) valutate come pericolose.

A fini pratici, comunque, non interessa tanto conoscere l’entità effettiva della biomassa epigea complessiva o il peso dei singoli rami pericolosi; dal punto di vista della stabilità infatti, già un ramo del peso complessivo di pochi chili, che cade da un’altezza di qualche metro, è in grado di provocare danni ingenti a persone o cose.

Infine, ai fini della determinazione del rischio, si deve valutare il luogo dove l’evento pericoloso può verificarsi (un albero molto pericoloso nel mezzo della foresta vergine ha un livello di rischio assente, diversamente da un albero lungo un viale densamente trafficato).

Il fattore di contatto (spesso chiamato vulnerabilità) evidenzia la natura (e il valore) del possibile bersaglio e, quindi, in sostanza, il grado di ‘frequentazione’ del sito in cui l’albero vegeta e l’entità dei danni materiali provocabili da un suo eventuale cedimento.

Si dovrà, pertanto, attribuire una vulnerabilità estrema a quegli alberi che, cadendo, potrebbero danneggiare in modo grave persone o cose, quindi elevata, moderata, bassa e infine trascurabile per le piante la cui eventuale caduta avverrebbe sicuramente in zone non frequentabili o prive di manufatti. Anche in questo caso è opportuno distinguere fra la vulnerabilità relativa alla potenziale caduta dell’albero intero (fattore di contatto tronco) e la vulnerabilità del sito relativa alla potenziale caduta dei soli rami (fattore di contatto rami).

Nella tabella 2 è illustrata una proposta per la valutazione del fattore di contatto in relazione alla frequentazione ed alla presenza di manufatti nell’area di potenziale caduta dell’albero.

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Tabella 2. Classi di vulnerabilità (fattore di contatto)

Chiariti i concetti di base, si può ora affermare che il giudizio relativo al rischio di instabilità di un albero è semplicemente dato dal prodotto logico delle tre variabili indicate.

Avremo quindi due valori di rischio:

rischio tronco = pericolosità tronco x fattore di danno x fattore di contatto tronco;

rischio rami = pericolosità rami x fattore di danno x fattore di contatto rami.

Se utilizziamo dei punteggi per definire le classi di pericolosità, di fattore di danno e di fattore di contatto, è facile ottenere un valore numerico dell’indice di rischio di ogni pianta. Altrimenti le piante possono essere classificate in classi ordinali che possono essere: rischio estremo (per gli alberi che dovrebbero in teoria essere eliminati perché si trovano in condizioni di elevata probabilità di caduta e possono anche provocare danni ingenti a persone o cose), elevato (laddove le condizioni di cui sopra si manifestano sempre in modo consistente ma sembrano non avere carattere di imminenza), moderato (per le cui piante è necessario adottare specifiche cure colturali), basso (per quei soggetti che denunciano lievi difetti o sono ubicati in zone meno problematiche) o trascurabile (per quei soggetti che non presentano difetti significativi e il cui pericolo di caduta è assai basso o comunque avverrebbe in luoghi non frequentati).

La valutazione del rischio permette, infine, al valutatore di definire compiutamente le cure colturali e/o la terapia da adottare ed il programma di monitoraggio per l’albero oggetto di studio.

è bene comprendere però che la realizzazione degli interventi prescritti può e spesso deve modificare il giudizio di rischio: ad esempio, un intervento di riduzione della chioma può autorizzare, se correttamente realizzato, a modificare il giudizio di pericolosità dell’albero e conseguentemente quello di rischio.

 

Anche un albero monumentale (quindi da conservare) ad elevata pericolosità, che vegeta in un parco frequentato, e perciò in condizioni di vulnerabilità non trascurabile, può essere recintato diminuendo in modo sostanziale la vulnerabilità e quindi il valore del rischio: la sua pericolosità rimarrà elevata, ma sarà possibile conservarlo indefinitamente in quanto si è sostanzialmente eliminato il possibile bersaglio e reso quindi basso il rischio.

La prima parte dell’articolo è qui

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