Articolo del 01/10/2015 15:03:44 di Sani Luigi

Pericolo e rischio: concetti importanti per la valutazione di stabilità degli alberi – Parte I

Categoria: Arboricoltura

Il Gruppo di Lavoro sulla Stabilità degli Alberi (G.L.S.A.) della Società Italiana di Arboricoltura (S.I.A.) in questi anni sta provvedendo all’aggiornamento e al miglioramento del Protocollo per la Valutazione della Stabilità degli alberi, in modo da renderlo più aderente alle nuove conoscenze in materia.

Lo scorso anno è stata emanata la nuova classificazione della pericolosità, che sostituisce integralmente la vecchia classificazione del rischio (la cosiddetta FRC), che è, quindi, andata onorevolmente in ‘pensione’ dopo anni di buon servizio. Naturalmente, al fine di rendere il più semplice possibile il passaggio fra la vecchia e la nuova classificazione, è stato conservato, per quanto possibile, l’impianto logico e lo schema di suddivisione in classi.

Ma, allora, quali sono le principali differenze?

Per capirle si deve in primo luogo sottolineare che nella vita di tutti i giorni i termini di pericolo e rischio vengono confusi, laddove, in ambito scientifico, essi significano cose diverse.

Un’efficace definizione di rischio è la seguente: “la probabilità che qualcosa di negativo possa accadere”.

Nel caso della valutazione di stabilità degli alberi, ci si riferisce pertanto, al tempo stesso, alla potenzialità che un albero o una parte di esso possa cadere, alla probabilità che si verifichi un evento scatenante tale da indurre il fenomeno del cedimento e alla possibilità che, una volta accaduto l’evento, si verifichino dei danni a cose o persone e cioè che vi sia un ‘bersaglio’.

In sostanza, affinché vi sia rischio, ci deve essere sia qualcosa di pericoloso (il soggetto) che può rompersi o cadere su un bersaglio (il complemento oggetto), cioè qualcuno o qualcosa che può farsi male!

La valutazione del rischio viene, quindi, esplicitata mediante una procedura logica sequenziale, tesa a mettere in evidenza la probabilità del verificarsi di un cedimento (pericolosità), l’entità di ciò che è soggetto a cedimento (fattore di danno) e l’importanza del bersaglio che potrebbe essere colpito dal cedimento dell’albero (fattore di contatto). Il rischio è cioè il prodotto di questi tre aspetti.

Quando si studia un albero ai fini della redazione di una valutazione della sua stabilità, si cerca di determinare se esso manifesta segni o sintomi di difetti più o meno direttamente correlati con una certa propensione al cedimento di tutta la struttura arborea o di una sua porzione significativa. La presenza e l’entità di tali difetti ci informano cioè sulla minore o maggiore propensione al cedimento dell’albero e quindi sulla sua pericolosità.

Sarebbe consigliabile distinguere fra la pericolosità relativa alla caduta del tronco (sradicamento, cedimento al colletto, rottura del fusto) e quella che attiene al possibile cedimento di singoli rami. Questi due gruppi di fenomeni, infatti, hanno cause, decorso, intensità e possibili effetti molto diversi fra loro: la rottura di rami ha una probabilità di accadimento molto maggiore che non la potenziale rottura del fusto o il suo sradicamento.

Sono diverse anche le dimensioni di ciò che può rompersi (fattore di danno) e l’area di potenziale caduta (fattore di contatto).

Il giudizio di pericolosità si fonda quindi sulla valutazione della natura, entità e possibile decorso dei difetti e delle anomalie riscontrate nei vari organi dell’albero e su questo si basa la nuova classificazione proposta dalla S.I.A.

Nel valutare un albero si deve, pertanto, determinare la sua propensione al cedimento, scegliendo la classe appropriata fra quelle proposte nelle classi di pericolosità o di propensione al cedimento riportate nella tabella 1.

Una volta definita la pericolosità di un singolo albero è necessario chiarire il ‘danno potenziale’ che questo può provocare.

Il fattore di danno è appunto il concetto che ci informa su ‘che cosa’ può cadere e dipende quindi, soprattutto, dalle dimensioni complessive del soggetto e/o delle sue porzioni (pianta intera, singoli rami) valutate come pericolose.

Infine, ai fini della determinazione del rischio, si deve valutare il luogo dove l’evento pericoloso può verificarsi (un albero molto pericoloso nel mezzo della foresta vergine ha un livello di rischio assente, diversamente da un albero lungo un viale densamente trafficato).

Il fattore di contatto (spesso chiamato vulnerabilità) evidenzia la natura (e il valore) del possibile bersaglio e, quindi, in sostanza, il grado di ‘frequentazione’ del sito in cui l’albero vegeta e l’entità dei danni materiali provocabili da un suo eventuale cedimento.

Si dovrà, pertanto, attribuire una vulnerabilità estrema a quegli alberi che, cadendo, potrebbero danneggiare in modo grave persone o cose, quindi elevata, moderata, bassa e infine trascurabile per le piante la cui eventuale caduta avverrebbe sicuramente in zone non frequentabili o prive di manufatti. Anche in questo caso è opportuno distinguere fra la vulnerabilità relativa alla potenziale caduta dell’albero intero (fattore di contatto tronco) e la vulnerabilità del sito relativa alla potenziale caduta dei soli rami (fattore di contatto rami).

Nella tabella 2 è illustrata una proposta per la valutazione del fattore di contatto in relazione alla frequentazione ed alla presenza di manufatti nell’area di potenziale caduta dell’albero.

Chiariti i concetti di base, si può ora affermare che il giudizio relativo al rischio di instabilità di un albero è semplicemente dato dal prodotto logico delle tre variabili indicate.

Avremo quindi due valori di rischio:

rischio tronco = pericolosità tronco x fattore di danno x fattore di contatto tronco;

rischio rami = pericolosità rami x fattore di danno x fattore di contatto rami.

piante possono essere classificate in classi ordinali che possono essere: rischio estremo (per gli alberi che dovrebbero in teoria essere eliminati perché si trovano in condizioni di elevata probabilità di caduta e possono anche provocare danni ingenti a persone o cose), elevato (laddove le condizioni di cui sopra si manifestano sempre in modo consistente ma sembrano non avere carattere di imminenza), moderato (per le cui piante è necessario adottare specifiche cure colturali), basso (per quei soggetti che denunciano lievi difetti o sono ubicati in zone meno problematiche) o trascurabile (per quei soggetti che non presentano difetti significativi e il cui pericolo di caduta è assai basso o comunque avverrebbe in luoghi non frequentati).

La valutazione del rischio permette, infine, al valutatore di definire compiutamente le cure colturali e/o la terapia da adottare ed il programma di monitoraggio per l’albero oggetto di studio.

è bene comprendere però che la realizzazione degli interventi prescritti può e spesso deve modificare il giudizio di rischio: ad esempio, un intervento di riduzione della chioma può autorizzare, se correttamente realizzato, a modificare il giudizio di pericolosità dell’albero e conseguentemente quello di rischio.

La seconda parte dell’articolo è qui

Corsi

Sponsor

Newsletter

Desideri essere sempre aggiornato con le iniziative della scuola? Iscriviti alla nostra newsletter, e sarai sempre informato.
AVVERTENZA. DLGS 196/2003. Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali. Gli indirizzi e-mail presenti nel nostro archivio provengono o da richieste di iscrizioni pervenute al nostro recapito o da elenchi e servizi di pubblico dominio pubblicati in internet, da dove sono stati prelevati.