Articolo del 24/09/2015 12:12:39 di Margheriti Elisabetta

Frutti d’Autunno

…che cosa offre la natura

Categoria: Giardinaggio

…che cosa offre la natura se non la magia di mutare, meravigliare con l’alchimia delle stagioni, il profumo della terra che dona i suoi frutti maturi, le rigogliose piante che offrono la loro bellezza a noi esseri distratti.

Ecco un’occasione per sapere di loro:

Gli Agrumi 

Il termine agrume deriva da agro cioè acido, e si riferisce al caratteristico gusto della polpa di un gran numero di frutti succosi, molto simili tra loro.

Arance, pompelmi, limoni, mandarini, bergamotti e altri agrumi che appartengono a specie diverse ma ad un unico genere botanico: Citrus.

Si tratta di piante sempreverdi, in forma di alberi o arbusti, quasi sempre munite di spine. Le foglie, di un verde lucente, sono provviste di ghiandole che secernono olii essenziali profumati.

I fiori, sempre a cinque petali e bianchi, sono ricchi di nettare odoroso, che attira gli insetti che compiono l’impollinazione.

Il frutto del genere Citrus è una bacca detta esperidio. La buccia o epicarpo, di colore giallo arancio a maturazione, contiene delle piccole cavità ricche di oli essenziali, dotate anche di proprietà antibatteriche. All’interno il mesocarpo bianco, più o meno aderente all’endocarpo o polpa, fatta da tante vescicole succose, suddivise con una sottile membrana in caselle o spicchi.

L’origine degli agrumi è senz’altro dal lontano oriente. Anche se i Romani conoscevano già il limone, la loro grande diffusione nel Mediterraneo, dove hanno trovato condizioni climatiche favorevoli al loro sviluppo, si deve all’espansione araba verso l’occidente a partire dal 1100.

Necessitando di clima mite, gli agrumi si sono diffusi in tutte le aree mondiali comprese tra il 30° e 40° di latitudine nord e sud.

L’arancio dolce (Citrus sinensis) è l’agrume più coltivato al mondo, seguito dal pompelmo (C. paradisi) e dal limone (C. limon): tutti vengono consumati freschi o subiscono trasformazioni per ottenere succhi di frutta.

L’arancio amaro (C. aurantium) dà frutti non commestibili perché molto amari, viene invece utilizzato come portainnesto per varietà di agrumi meno robuste.

Il mandarino (C. nobilis), originario della Cina meridionale, è caratteristico per il suo profumo. Ne vengono sfruttati molti ibridi per prolungare la produzione oltre i mesi invernali. Un esempio è il mandarancio clementina, che deriva dall’incrocio del mandarino con l’arancio amaro.

Il cedro (C. medica) ha uno scarso consumo fresco, la sua buccia, di notevole spessore, viene invece utilizzata per la produzione di canditi, sciroppi e bibite e nella fabbricazione

dei profumi.

La limetta lime (C. aurantifolia) è originaria dell’arcipelago malese e produce frutti con due tipi di polpa, dolce ed acida, utilizzate per confetture e come aromatizzanti.

Il Kaki

Diospyros kaki

È il frutto più colorato dell’autunno. Matura su di un albero di medie dimensioni (Diospyros kaki), la cui origine è asiatica: Cina, dove si trova ancora allo stato spontaneo, e Giappone, dove le varietà coltivate sono quasi mille.

In Italia si è diffuso solo alla fine dell’Ottocento. Nei nostri climi raggiunge la maturazione nei mesi da settembre a novembre, quando la polpa verdastra raggiunge il colore giallo-arancio, più o meno carico.

La buccia è molto sottile e la polpa tenera, a volte quasi liquida, deve essere consumata a completa maturazione: prima infatti il frutto è allappante, dà cioè la sgradevole sensazione di “legare i denti”. Il fenomeno è dovuto alla presenza di tannini, che hanno un effetto astringente sulle mucose della bocca e che vengono modificati da speciali enzimi presenti nel frutto maturo.

Il kaki è una bacca e mantiene attaccato al frutto il calice del fiore che lo ha generato. Da un punto di vista nutrizionale, il kaki è ricco di zucchero, con un tenore in glugosio fino al 15%, mentre più discreto è l’apporto proteico.

Il Fico d’India

Opuntia ficus-indicaImportato in Italia in tempi lontani, il fico d’India (Opuntia ficus-indica) è, forsel’unico frutto non trattato con additivi chimici. Cresce facilmente nelle zone calde ed aride ed è un ottimo frutto dagli effetti depurativi e rinfrescanti.

Pianta della famiglia delle Cactaceae diffusa in tutti i paesi tropicali e sub-tropicali “la quale genera le radici dalle foglie, che staccandone una foglia dall’albero, e piantandola in terra fino a metà, non solo fa le radici, ma in breve tempo mette fuori le foglie, facendo in questo modo, dalle foglie ne cresce una pianta come un albero senza tronco, senza rami e senza germini. Di modo che questa pianta si può annoverare meritatamente fra i miracoli della Natura. Questa pianta produce i frutti in cima alle foglie, quasi simili ai fichi, ma più grossi e coronati in cima d’un colore che nel verde porporeggia” (dall’Erbario Nuovo di Castore Durante del 1585).

In Italia la coltura ha sempre avuto nel passato carattere spontaneo con interesse prevalentemente locale e definito pane delle regioni povere. Ma, negli ultimi anni, la coltura ha orientamenti e investimenti specializzati e ha fatto varcare ai frutti raccolti i confini per raggiungere le mense dei paesi ricchi.

I frutti si consumano allo stato fresco e dai dietologi sono considerati ottimi integratori della dieta mediterranea: in effetti il contenuto in aminoacidi e in oligoelementi già equilibrati per ordine naturale nel fico d’India è un ottimo contributo ecologico a tutti i soggetti che, per costituzione ed alimentazione squilibrata, abbisognano di contributo alimentare il cui effetto sia anche facilitante sugli emuntori. Si consiglia il consumo del fico d’India in maniera costante ai soggetti che hanno un sovraccarico del lavoro metabolico renale ed epatico (Dr. M. Pagano, esperto di medicina naturale, Acireale).

 

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