Articolo del 10/10/2015 23:11:03 di . . .

Impollinazione: lasciamo lavorare gli insetti selvatici

Categoria: Agricoltura

Una interessante ricerca appena pubblicata sulla rivista Science (Wild Pollinators Enhance Fruit Set of Crops Regardless of Honey Bee Abundance), realizzata da un team internazionale di 50 scienziati, evidenzia il declino in termini di numero e diversità degli insetti selvatici impollinatori in molti contesti e panorami agricoli, dove l’introduzione di api domestiche non appare sufficiente a compensare gli effetti negativi di tale fenomeno in termini di resa e fruttificazione delle coltivazioni. La ricerca, effettuata in 600 campi di 20 Paesi, coltivati con 41 sistemi diversi, integrata anche con l’analisi di dati storici, ha evidenziato ovunque un’associazione positiva tra la fruttificazione e la presenza durante la fioritura degli insetti selvatici, mentre solo nel 14% dei casi si è avuto lo stesso risultato a seguito delle visite di api domestiche: complessivamente, gli insetti selvatici si dimostrano più efficienti nell’attività di impollinazione, un incremento della loro presenza infatti è in grado di raddoppiare la fruttificazione rispetto ad un pari incremento apportato alla presenza delle api domestiche. L’impollinazione con api domestiche è quindi in grado di integrare, non di sostituire, il lavoro degli insetti selvatici: i risultati della ricerca suggeriscono pertanto come sia opportuno sviluppare a livello globale nuove pratiche agricole che permettano di combinare entrambe le tipologie di impollinazione, al fine di ottenere i migliori risultati in termini di resa produttiva.

E’ il cane che si morde la coda: le moderne tecniche agricole, che utilizzano ogni ettaro di terreno disponibile e fanno largo uso di pesticidi, possono aver contribuito a far diminuire il numero di alcuni impollinatori essenziali, tra cui api selvatiche, mosche, farfalle e coleotteri, con un danno alla biodiversità che si rivela in ultima analisi anche un danno a quella stessa produzione colturale che si ambiva ad incrementare. I ricercatori ricordano che questi impollinatori generalmente vivono in habitat naturali o semi-naturali, quali ad esempio i margini dei boschi, le siepi e i prati, che vanno progressivamente perdendosi anche a causa della conversione agricola: il conseguente declino nel numero e nella diversità di impollinatori selvatici ha come conseguenza minori visite alle piante nell’epoca della fioritura, con un “indubbio e duplice impatto negativo sia sul patrimonio naturale che sui raccolti agricoli”.

Lo studio efettuato mette in chiara evidenza i “vantaggi di tenere in considerazione questo paradosso nella progettazione e realizzazione di sistemi agricoli”: nuove pratiche per la gestione integrata delle api e degli insetti selvatici possono migliorare i rendimenti globali delle colture, la salvaguardia degli animali impollinatori si rivela quindi un efficace investimento a lungo termine per la produzione agricola. Secondo l’università di Calgary, che ha partecipato alla ricerca, le buone pratiche dovrebbero comprendere “la conservazione o il ripristino di aree naturali o semi-naturali prossime alle terre coltivate”, “la promozione di una maggiore varietà di utilizzo dei suoli“, la reintegrazione di varietà di fiori e arbusti attrattive e adatte per la nidificazione degli insetti, e indubbiamente “un uso più prudente degli insetticidi”.

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