Pubblichiamo in questo articolo la seconda (e conclusiva) parte di un’ intervista a Paola Santeramo, che è Presidente dell’ISTVAP (Istituto per la tutela e la valorizzazione dell’agricoltura periurbana), la prima parte è consultabile in questa pagina.
In base all’articolo 14 del D.Lgs. 228/2001, le Pubbliche Amministrazioni possono concludere contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli per la promozione delle vocazioni produttive del territorio, la tutela di produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari. In particolare la norma prevede che possano essere stipulati appositi contratti di promozione fra P.A. ed imprenditori agricoli che si impegnino, nell’esercizio dell’attività di impresa, ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio agrario e forestale.
Analogamente, le P.A. possono stipulare convenzioni, ai sensi dell’art. 15 del decreto citato, con gli imprenditori che si impegnino “a favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell’assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela della vocazioni produttive del territorio.”
Analogamente, nelle aree agricole le modificazioni della PAC potrebbero pertanto consentire:
L’agricoltura periurbana non ha strumenti per bloccare il consumo di suolo, anzi, scompare se il consumo di suolo non si blocca; amministrazioni illuminate che comprendessero l’importanza di avere alle porte della città terreni agricoli coltivati, produttivi e mantenuti integri, invece, potrebbero fermare il consumo adottando strumenti di pianificazione urbanistica e dell’ambiente che tutelino il bene suolo (ricordiamo che da sempre l’agricoltura ha gestito il ciclo delle acque dei suoli). Questo, purtroppo, oggi non avviene e in media ogni giorno nella sola Lombardia si consumano 10 ettari di suolo agricolo!
Per rispondere a questa domanda possiamo citare le esperienze internazionali e francesi in particolarmente, poiché il ruolo socio – politico dell’agricoltura e l’esperienza dei progetti agro – urbani sono propriamente francesi, con uno sviluppo iniziale nelle città medie francesi (Grenoble e Rennes, in particolare) e fino ad espandersi nell’Ile – de – France nella Ceinture Verte, delimitata nel 1994 dal Plan Vert d’Ile – de – France.
In Francia l’agricoltura periurbana è diventata infrastruttura della città; in tal senso è d’ora in poi agricoltura urbana.
L’agricoltura del progetto agriurbano gode generalmente di buona salute economica, tanto che la sfida della nuova governance è di convincere gli agricoltori a restare o a ritornare, contro la loro tendenza alla delocalizzazione.
Il progetto generale prevede di ridare vita alle regioni in decadenza agricola, sviluppando delle forme economiche derivate dal patrimonio culturale e naturale e dal paesaggio, per il loro valore di bene pubblico, posto sotto la responsabilità delle istituzioni; pur affermando che lo spazio dell’agricoltura non è un bene pubblico, considerato che gli agricoltori assumono le loro responsabilità imprenditoriali, tale spazio è, tuttavia, vissuto come un bene comune agli abitanti del territorio.
Un aspetto importante da sottolineare è che con la diffusione delle nuove idee sull’implicazione dell’agricoltura, sono aumentati gli scambi di esperienza e si sono costituite alcune reti animate da un sistema di coordinamento.