17 Marzo 2016

Linee guida per la scelta del materiale vivaistico per gli alberi della città e definizione degli standard qualitativi

Un documento sulla corretta selezione delle piante per ridurre o eliminare i problemi di gestione degli alberi ornamentali.

A.A.V.V. 2016. Documento del Gruppo di Lavoro per la Scelta del Materiale Vivaistico e per la Definizione degli Standard Qualitativi, Società Italiana di Arboricoltura (S.I.A.) - Onlus.

 

GRUPPO DI LAVORO

Il gruppo di lavoro che ha prodotto il presente documento è stato coordinato da Luigi Strazzabosco ed è costituito da rappresentanti del settore vivaistico, del mondo accademico e della ricerca, della pubblica amministrazione e da soci della Società Italiana di Arboricoltura aventi competenze in materia.

 

 

Di seguito la composizione del gruppo di lavoro:

Paolo Arienti

Giampaolo Barbariol

Nicola Bussola

Andrea Maroè

Lucio Montecchio

Paolo Semenzato

Luigi Sani

Daniele Spinelli

Luigi Strazzabosco

Alfonso Tomè

1. Introduzione

Perché sono necessari standard qualitativi per gli alberi della città e per il verde urbano?

La città è un ecosistema inospitale e difficile per la sopravvivenza degli alberi. La vita degli alberi in città è condizionata da numerosi conflitti che ne riducono la stessa aspettativa di vita e che influenzano anche il loro rischio di schianto.

Una percentuale consistente degli schianti di alberi è associata a difetti strutturali che dipendono dalla forma dell’albero e che spesso risalgono alla fornitura vivaistica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Possiamo dunque affermare che molti problemi di gestione degli alberi ornamentali possono essere ridotti o eliminati da una corretta selezione delle piante.

Per tale ragione si è reso necessario procedere alla definizione di standard qualitativi per la scelta del materiale vivaistico.

2. L’attività vivaistica

Il vivaismo è un attività che si caratterizza come unica fra tutte le attività agricole perché non commercializza parti di pianta come frutti, tuberi, cereali, fiori ecc. ma l’intera pianta, compreso l’apparato radicale.

La selezione di materiale di qualità in vivaio ha un ruolo determinante sulla sicurezza degli alberi e anche sulla loro gestione, per via ad esempio dell’influenza che può avere su intensità e periodicità degli interventi di potatura. I vantaggi nella selezione di alberi di buona qualità sono:

  • Ottimo attecchimento post-trapianto
  • Maggiore longevità  
  • Crescita molto veloce
  • Riduzione delle probabilità di schianti e rotture durante avversità meteorologiche

I criteri per la selezione del materiale vivaistico possono essere riassunti in:

  • Metodo di coltivazione
  • Dimensioni massime all’impianto
  • Dimensioni della zolla
  • Posizionamento del colletto
  • Difetti delle radici
  • Zolla radicale: calibro
  • Rapporto di altezza/diametro del tronco (indice di assottigliamento)

La vivaistica ornamentale, paesaggistica e ambientale in Italia è tra le più importanti a livello europeo e rappresenta oggi il 25% della produzione europea, seconda solo all’Olanda con il 33%.

Non esiste a livello Italiano un regolamento di standard produttivi e qualitativi, sebbene oltre un quarto della produzione lorda vendibile (PLV) vivaistica sia esportata;  di questa oltre l’80% viene venduta in  Germania, Olanda e Svizzera, paesi che richiedono materiale vivaistico di alta qualità.

Le uniche norme a livello Europeo sono quelle della European Nurserystock Association (ENA). Questi standard sono una sintesi del lavoro effettuato nel 1990, all'inizio del 1996 e del 2009. In questi ultimi anni ENA ha elaborato norme per avere standard di qualità uniformemente accettati e attuati in tutto il settore vivaistico europeo.

Questi standard di qualità ENA sono ora le norme qualitative minime accettate nella produzione vivaistica. L’edizione 2010 è l’ultima versione. Purtroppo queste norme descrivono solo livelli base della produzione.

Pertanto possiamo concludere che norme che regolamentano standard qualitativi delle alberature ornamentali non sono definiti.

Enunciare e adottare delle regole che definiscano standard qualitativi di produzione qualificherebbe le aziende vivaistiche che li recepiscono e il mercato, anche quello nazionale.

3. Le responsabilità degli Enti Locali

Le funzioni e i servizi del verde urbano sono diversi, come diversi sono i riferimenti legislativi che regolamentano l’albero in città (si pensi al codice stradale e a quello civile).

Molto interessante, da questo punto di vista, risulta la legge quadro n°10 del 14-1-2013 sul verde pubblico ma che al momento non possiede decreti attuativi. Essa, nell’art. 3 comma 2 lettera d, indica testualmente che è necessario “verificare le azioni poste in essere dagli enti locali a garanzia della sicurezza delle alberate stradali e dei singoli alberi posti a dimora in giardini e aree pubbliche e promuovere tali attività per migliorare la tutela dei cittadini”

La stessa legge, inoltre, stabilisce all’art. 5 comma 1, che “l'incremento e la valorizzazione del patrimonio arboreo delle aree urbane, nonché eventualmente anche quelle dei comuni, finalizzate alla creazione e alla manutenzione di una rete di aree naturali ricadenti nel loro territorio”

Si passa pertanto dalla scelta per ridurre il “rischio” e aumentare la sicurezza dell’albero, a un concetto più specifico della selvicoltura, come quello legato alle reti ecologiche e soprattutto alla biodiversità.

La stessa legge prevede altresì, nell’art. 6 “misure per la formazione del personale e l'elaborazione di capitolati”.

In questo ambito, una guida come quella che qui si propone può diventare uno strumento importante e preciso per l’elaborazione di capitolati speciali.

Pertanto risulta indispensabile definire standard qualitativi sia rispetto alla gestione del rischio (bersaglio) che alla biodiversità delle reti ecologiche e delle fasce tampone.

4. Definizione degli standard qualitativi in relazione al Risk Management

Recentemente l’Associazione Italiana Direttori e Tecnici Pubblici Giardini con il suo gruppo di lavoro GESAP (Gestione e Sicurezza Alberature Pubbliche) ha definito “Le linee guida delle alberature pubbliche”.

Il materiale vivaistico utilizzato in città ha diversi impieghi, in definitiva si individuano diverse classi legate al rischio (e quindi al bersaglio di caduta) e altre che presentano aspetti non legati alla gestione, essendo trascurabili i fattori di contatto.

L’ International Society of Arboriculture (I.S.A.) ha sviluppato una serie di pubblicazioni note come “Best Managment Pratices” (recentemente tradotte dalla Società Italiana di Arboricoltura, chapter I.S.A.) per aiutare e guidare gli arboricoltori professionisti che si occupano della valutazione del rischio e per l’individuazione delle misure utili alla riduzione dello stesso.

Una parte importante di queste linee guida è la valutazione del rischio associato alla presenza di alberi con valutazioni quantitative, qualitative ma anche con valutazione numerica qualitativa pesando il rischio mettendo in evidenza sopratutto i bersagli (targets) con riferimento ai danni alle attività umane o alla frequenza di passaggio delle persone ed alla probabilità che queste vengano colpite.

Tenuto che il Rischio = Probabilità X Conseguenze, dove il Target non si somma ma moltiplica esponenzialmente lo stesso, all’interno della città rispetto al bersaglio di caduta, nella loro zonizzazione si possono raggruppare alberi che presentano rischio diverso:

  1. Alberi che presentano un rischio pronunciato dovendo essere messi a dimora in luoghi con bersagli di caduta molto sensibili, come sedi stradali o aree verdi a utilizzo intensivo con presenza di panchine, aree sosta, giochi per bambini. Raggruppiamo in questa classe tutte le alberature stradali, gli alberi che comunque presentano un fattore di contatto stradale anche se trapiantati in aiuole o in aree limitrofe a strade in parchi urbani o in aree attrezzate a uso intensivo, scuole, ospedali, sedi di uffici con accesso pubblico, o strutture ricreazionali pubbliche, parcheggi.
  1. Alberi che presentano un rischio moderato avendo una bassa probabilità di recare danni a cose e persone, poiché da mettere a dimora in aree verdi estensive, verde temporaneo su aree a diversa utilizzazione, aree fluviali con bersaglio in acqua, aree destinate a nuovi nati della città e in genere tutte quelle aree che presentano una frequenza di utilizzo molto bassa o nulla e non presentano bersagli sensibili.
  1. Alberi impiegati in aree destinate a un uso legato alla biodiversità, reti ecologiche, fasce tampone e di riduzione di impatto ambientale.

La qualità del materiale vivaistico si ripercuote sulla longevità dell’impianto arboreo e sull’effetto paesaggistico che lo stesso sarà in grado di produrre.

Per quanto riguarda lo standard, gli alberi della classe di cui al punto 1 sopra devono presentare un’architettura esente da difetti strutturali (biomeccanici) e non avere bisogno di interventi colturali quali potature di formazione negli anni, ma soltanto di interventi di innalzamento del castello e rimonda del secco.

Pertanto è necessario stabilire degli standard qualitativi che, pur all’interno della variabilità naturale, permettano di riconoscere e scegliere solo alberi in grado di crescere e svilupparsi per molti anni senza richiedere interventi particolari di cura e manutenzione.

In letteratura si usa designare come alberi di prima grandezza quelli che possono superare i 30 m in altezza, alberi di seconda grandezza quelli che si innalzano da 20 a 30 m, alberi di terza grandezza quelli che non superano i 20 m e piccoli alberi quelli che arrivano al massimo a 10 m di altezza.

Considerando invece l’aspetto gestionale si considerano solo tre classi di altezza in relazione al rischio di gestione.

  • Prima grandezza oltre 25 m di altezza
  • Seconda grandezza da 18 m a 25 m di altezza
  • Terza grandezza da 8 m a 18 m di altezza

5. Alberi coltivati in zolla da destinarsi in aree con bersagli di caduta in grado di procurare danni elevati a cose e persone

• Forma della chioma e del fusto

Se l’albero è strutturalmente ben formato, esso non richiede interventi di correzione negli anni successivi al trapianto, perché verranno effettuate periodiche potature di innalzamento alla base della chioma per favorirne l’innalzamento.

Il fusto deve essere unico (non si considerano alberi policormici), il più diritto possibile, con un’inarcatura massima di 5°, non deve avere ferite e il colletto deve essere integro e non presentare calli di cicatrizzazione e deve essere privo di codominanze (presenza di rami di pari vigore inseriti alla stessa altezza). 

Le branche principali devono essere ben distanziate, non devono essere presenti branche con diametro maggiore a un 1/3 del tronco e non devono essere presenti branche verticali e non equamente distribuite lungo il tronco. Sui lati l’inserzione dei rami sul fusto deve presentare un angolo piuttosto aperto compatibilmente con la specie. La chioma deve essere densa e compatta, ben distribuita sul fusto e non presentare compressioni laterali. La freccia apicale deve essere a guida centrale e ben visibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa è la forma della chioma che presenta le migliori caratteristiche meccaniche, priva di difetti strutturali che possano essere causa di rotture negli anni successivi al trapianto.

• Standard auxometrici per piante in zolla

I rapporti auxiometrici delle piante in zolla:

  • l’altezza della pianta deve avere un rapporto di 25/30 volte la circonferenza del tronco tenendo conto però anche delle proporzioni tipiche delle specie
  • diametro della zolla compreso tra 2,5 e 3 volte la circonferenza del fusto misurata a 100 cm di altezza
  • altezza della zolla pari a 2/3 del diametro della zolla
  • la circonferenza misurata  al colletto deve essere superiore al 20% rispetto alla circonferenza misurata a 100 cm sul fusto (rapporto di svasatura)

• Alberi per viali carrabili e pedonali

Le alberature destinate a formare viali devono essere già impalcate almeno a 2,2 m di altezza per questa categoria, tenendo presente che la chioma formata in vivaio è da ritenersi comunque temporanea, in quanto le alberature in viale carrabile devono essere impalcate a 6 metri di altezza per rispettare (con un fattore di sicurezza) l’altezza prevista dal Nuovo Codice della Strada.

Risulta estremamente importante l’assenza di difetti strutturali quali inserzioni di branche con angolo acuto e inclusione di corteccia perché il danno derivante da questi difetti strutturali si manifesta dopo molto tempo dal trapianto in città.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come precedentemente detto la forma della chioma deve essere caratterizzata da rami con inserzione superiore a 40°. I rami principali devono essere ben distanziati, non devono essere presenti branche con diametro maggiore di 1/3 del tronco e non devono essere presenti rami verticali o direzionati unilateralmente. Per la forma della chioma e del fusto si fa riferimento a quanto già descritto.

• Alberi da innesto

Nella vivaistica ornamentale le piante da innesto vengono distinte in relazione alla posizione dell’innesto sulla pianta:

  1. Innesto sopra il colletto;
  2. Innesto in testa.

1. Innesto sopra il colletto

viene eseguito normalmente con l’innesto laterale, in fase di pianta da seme nel trapianto in campo e comunque con circonferenza di 6-8 cm. Il punto di innesto non deve presentare angoli e deve essere dritto e non avere conformazione a pipa. Gli alberi innestati al colletto non devono avere lesioni o presentare disaffinita al colletto. Per quanto concerne la forma del tronco e della chioma e della zolla si fa riferimento a quanto già descritto.

2. Innesto in testa

viene eseguito con marze su piante giovani caratterizzate da circonferenza di 6-8 cm (max 8-10 cm) e  altezza di 220-250 cm.

La chioma deve essere bilanciata i nesti vigorosi e proporzionati alla testa. Non devono essere presenti rami del portainnesto. Inoltre la pianta non deve presentare compressioni laterali e rami aduggiati. Per la forma del tronco e della zolla si fa riferimento a quanto già descritto.

• Alberi in forma obbligata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La potatura in forma obbligata inizia in vivaio e continua per tutta la vita dell’albero.

La forma obbligata viene ottenuta con il taglio in corrispondenza di un nodo del tronco, delle branche primarie o secondarie e nella successiva eliminazione periodica dei germogli che da essa si originano recidendo alla base senza rilasciare monconi. L’albero, sulla chioma in forma obbligata, non deve presentare lesioni al cambio sotto il nodo. Per la forma del tronco e della zolla si fa riferimento a quanto già descritto.

• Conifere, ad esclusione del pino domestico 

Tutte le conifere, ad eccezione del pino domestico, presentano una struttura monopoidale e sono vestite al piede. La classificazione commerciale è per classi di altezza. La forma della chioma pertanto deve essere bilanciata e non presentare compressioni laterali e il tronco non deve presentare cancri. Inoltre la chioma non deve presentare alterazioni patologiche dovute a funghi.

Per le conifere e sempreverdi in generale, la finestra temporale per la loro zollatura è molto stretta (circa 15 giorni). Pertanto è opportuno acquistarle in contenitore con una stagione vegetativa. In caso di problemi al primo risveglio vegetativo post trapianto, la pianta manifesterà problemi in vivaio e non nell'opera a verde.

• Pino domestico 

Il pino domestico, differentemente dalle altre gimnosperme, non presenta una struttura monopoidale. Inoltre la sua chioma, a maturità, assume la tipica forma ad ombrello di forma plagiotropica che fa assumere a questa conifera un comportamento aerodinamico che la caratterizza.

Infatti la dissipazione della forzante eolica avviene per flusso laminare sopra la chioma.

Nel pino domestico la chioma in vivaio è sicuramente temporanea. Nella coltivazione in sito di radicazione, infatti, vengono periodicamente praticate potature di innalzamento.

Ma la forma della chioma nella fornitura in vivaio deve presentare caratteristiche ben definite: non deve presentare codominanze e doppie punte, l’inserzione dei rami sul tronco non deve avere un diametro superiore alla metà del tronco, l’angolo di inserzione dei rami deve essere superiore a 30° e inferiore a 70°.

La forma della zolla, per le peculiari caratteristiche del suo apparato radicale, non deve avere una profondità inferiore al diametro della stessa, meglio se maggiore. Anche in questo caso è opportuno acquistarle preparate fuori terra in contenitore, dato che la finestra temporale che permette la loro zollatura è molto stretta.

6. Alberi coltivati in zolla da destinarsi in aree estensive a bassa frequentazione con rischio moderato

Il fusto si presenta leggermente inarcato (angoli di inarcatura tra 5°e 15°) e può presentare rami codominanti al di sopra della metà superiore dell’albero.

Tutti i rami presentano la stessa vigoria, rami con diametro maggiore di 1/2 del tronco possono essere presenti solo nella parte superiore della pianta.

Le branche non sono perfettamente distribuite ed esiste una leggera sproporzione tra un lato e l’altro dell’albero.

La chioma non è perfettamente ricoperta dal fogliame e la freccia apicale deve essere a guida centrale e ben visibile.

Per la forma del tronco e della zolla si fa riferimento a quanto già descritto.

• Apparati radicali

Un apparato radicale ben sviluppato all’interno della zolla garantisce l’affrancamento nel trapianto e le potature dell’apparato radicale influenzano la quantità di radici assorbenti.

In letteratura scientifica è inoltre assodato che la reiterazione di nuove radici da potature radicali segnala la reiterazione di radici avventizie su cicatrici di radici laterali, come nel caso di Pinus resinosa. Inoltre è noto che dalla rimozione di una radice laterale si formano sopra e sotto la cicatrice di abscissione nuove radici su assi secondari.

Un buon apparato radicale di un albero in zolla deve essere stato potato tre anni prima del trapianto in città. Nella coltivazione degli alberi ornamentali sappiamo che vengono potate le radici almeno tre volte fino alla circonferenza di 20-22 cm: la prima volta quando la pianta passa dalla fase di semenzale alla coltivazione in pieno campo, la seconda dopo circa due anni quando viene scalzato a radice nuda e trapiantato su filare (circonferenza 8-10 cm), la terza dopo due anni nel diradamento circonferenza 12-14 sulla fila (a questo proposito nella scelta in vivaio è opportuno controllare la distanza sulla fila, se non è uniforme le piante sono state diradate e non trapiantate e quelle presenti non sono state potate). Questo significa che un albero con circonferenza 18-20 cm ha subito l’ultima potatura tre anni prima mentre quello a circonferenza 20-22 quattro anni prima (in funzione della specie).

Oltre questa classe, gli alberi devono essere coltivati con un diverso sesto di impianto e rizzollati almeno ogni quattro anni in vivai specializzati per la produzione di piante esemplari.

Pertanto possiamo affermare che un buon vivaio può certificare tre trapianti dalla classe 12-14 a 18-20, di cui per l’ultima classe l’ultimo trapianto o potatura tre anni prima dell’impianto (vendita).

Risulta dunque importante la certificazione delle rizollature determinanti, per l’affrancamento dell’albero in città.

• Il ruolo della microirrigazione nella formazione di radici primarie intorno alla zolla

Le radici hanno un comportamento tipicamente opportunista. Contrariamente a quanto si pensa le radici fanno il minimo sforzo con il massimo beneficio.

L’uso di ali gocciolanti autocompensanti sul filare concentra l’acqua distribuita intorno alla zolla radicale, mantenendo asciutto il terreno sia nell’interfila che su la fila. Questa pratica di coltivazione oltre a garantire notevoli economie nell’irrigazione, garantisce il maggior sviluppo di radici primarie intorno alla zolla, favorendone cosi un considerevole incremento. Pertanto nella scelta del materiale vivaistico la coltivazione di alberi irrigati con metodi di microirrigazione fornisce alberi con un migliore apparato radicale garantendo un migliore affrancamento dopo il trapianto.

Pertanto le piante così coltivate, all’incremento della potatura delle radici assommano quello derivante dallo stimolo irriguo. 

• Orientamento dell’albero in vivaio

Le scottature da sole su alberi trapiantati in città sono una delle maggiori cause di deperimento e di riduzione dell’aspettativa di vita degli alberi. Va aggiunto però che vi sono specie particolarmente sensibili al sole nel primo e secondo anno dal trapianto, indipendente dall'orientamento che avevano in vivaio. La principale causa della fessurazione e necrosi sul tronco in questo caso è da ricondursi a una irrigazione non costante ma saltuaria.

L´effetto del danno è riscontrabile sulla parte del tronco orientata verso sud-ovest in diverse specie di alberi (aceri, frassini, tigli, ciliegi, ippocastani, Ginkgo biloba, ecc.).

La protezione esercitata del ritidoma è legata all’esposizione. Questo significa che, nel trapianto, modificando l’esposizione che le piante avevano in vivaio e, in particolare, invertendo la polarità esposta a sud, si riduce la protezione esercitata dalla corteccia.

Risulta fondamentale richiedere al vivaista di segnare sulla corteccia il lato esposto a nord con un piccolo bollino fatto con spray usato per segnare le piante o con gesso forestale. Questo semplice accorgimento permette di riportare la polarità al trapianto ed è sufficiente a ridurre notevolmente la probabilità di insorgenza di scottature da sole nel post-trapianto.

• Alberi in zolla esemplari

La coltivazione vivaistica di piante esemplari non è una pratica ordinaria e solo pochi vivai in Italia ed Europa sono specializzati nella produzione di piante esemplari.

Secondo le norme dell’ENA per la qualità della produzione vivaistica, viene definito come albero esemplare la pianta che supera lo standard vivaistico di dimensione commerciale normale per alberi di I e II grandezza.

In Italia la maggioranza dei vivai coltivano alberi praticando potature delle radici, fino alla classe commerciale 20-22, garantendo fino a questa circonferenza l’ultimo trapianto fatto alla circonferenza 14-16 quattro anni prima.

Possiamo pertanto affermare che nella coltivazione degli alberi nei vivai “ordinari”, il trapianto è garantito fino alla misura commerciale di 22 cm di circonferenza, oltre la quale l’organizzazione aziendale è modificata per la coltivazione di esemplari con sesti diversi.

Le piante esemplari sono sottoposte ogni quattro anni a trapianti che interessano le radici primarie e secondarie per il contenimento dell’apparato radicale, e produrre una quota di radici in struttura primaria in grado di garantire l’attecchimento.

Inoltre viene potata anche la chioma con tagli di selezione al collare, favorendo la produzione di gemme preavventizie mantenendo la forma tipica della specie e contenendo la crescita.

Misure delle piante esemplari e numero di trapianti

Classificazione

Circonferenza tronco a 100 cm

Trapianti minimi

I grandezza

cm 50-55

6

II grandezza

cm 50-55

6

III grandezza

cm 30-35

6

Per raggiungere tali dimensioni gli alberi esemplari vengono coltivati in vivaio con sesti di impianto di oltre sei metri sulla fila e quattro nell’interfila per almeno 12-14 anni. Per questo motivo il costo medio franco vivaio di questi alberi è elevato e il numero dei trapianti deve essere certificato alla produzione.

Data la domanda crescente anche in Italia di alberi con dimensioni commerciali superiore a 25 cm di circonferenza, il numero dei trapianti dovrebbe essere certificato, garantendo l’ultimo trapianto non più di tre anni prima.

A tutela della qualità di piante adulte definite di “pronto effetto” è opportuno in linea generale orientarsi verso piante poste in pieno campo. Possono anche essere idonee piante poste in contenitori particolari, quali airt pot, Plant-Plast o sistemi che offrano la possibilità alla pianta di sopravvivere fuori terra per un periodo minimo di 6 mesi e massimo di 2 anni (per molte sempreverdi è opportuno acquistarle preparate fuori terra).

• Coltivazione fuori terra

La malformazione dell’apparato radicale nelle piante in vaso è da sempre uno dei principali problemi che affligge il settore del vivaismo. A causa del limitato volume di substrato in cui si trovano a dover crescere, le radici vanno spesso incontro a deformazioni, e in particolar modo al fenomeno della spiralizzazione: raggiunte le pareti laterali del vaso, iniziano a girare a spirale lungo la parete del contenitore ammassandosi poi sul fondo, nei pressi dei fori di drenaggio. Ne risulta un apparato radicale debole, deforme e poco ramificato, che occupa solo la parte esterna della zolla, influenzando di conseguenza in modo negativo sia la crescita che la qualità dell’intera pianta nel lungo periodo. Un apparato radicale mal conformato, infatti, accresce la vulnerabilità delle radici ad attacchi patogeni, compromette la stabilità meccanica della pianta e ne aumenta la sensibilità agli stress idrici.

Una tecnica molto utilizzata per rimediare al problema è la potatura all’impianto delle radici spiralizzate, che stimola l’emissione di nuove radici. Tale pratica tuttavia può implicare l’asportazione anche del 50% dell’intero apparato radicale, con gravi conseguenze sia sulla stabilità sia sulle possibilità di sopravvivenza della pianta. Inoltre le radici devono essere potate prima della spiralizzazione perché altrimenti si riformerebbero nuove radici spiralizzate. Per ovviare al problema sono state studiate alcune tipologie di contenitore in grado di ridurre l’incidenza delle deformazioni radicali, in particolare impiegando impedimenti meccanici (setti in grado di impedire alle radici di girare a spirale, guidandone quindi lo sviluppo in direzione basipeta) oppure sistemi di sfruttamento dell’aria come inibitore dello sviluppo dell’apice radicale (air pruning).

Oggigiorno, purtroppo ancora in molti casi, i principali criteri di scelta della tipologia di contenitore da parte dei vivaisti consistono nella maneggevolezza, robustezza e, soprattutto, costo del contenitore, spesso tralasciando considerazioni più tecniche che riguardano il tipo di apparato radicale in relazione alla specie da coltivare. Eppure una maggiore spesa per un corretto contenitore dovrebbe essere considerata un investimento, in quanto in grado di garantire piante di elevata qualità.

       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Schianti derivati da radici spiralizzate e strozzanti si verificano anche dopo decenni dal trapianto.

Tenuto conto di questo è necessario scegliere alberi coltivati fuori terra che non presentano spiralizzazione delle radici

 

 

 

 

 

 

 

7. La movimentazione delle piante dal vivaio al cantiere

Una volta zollate, le piante devono essere preparate per il trasporto. Possono essere mantenute in deposito direttamente in campo, così da ritardarne l’entrata in attività vegetativa, oppure, durante la stagione invernale, stoccate sui piazzali fino al momento della consegna. Se il periodo di attesa è molto lungo, è consigliabile proteggere le zolle con materiali organici (paglia, torba o altro) o stuoie per evitare il disseccamento dei capillari superficiali presenti. Accorgimenti analoghi vanno presi anche qualora non si sia in grado di mettere prontamente a dimora gli alberi in cantiere.

Infatti, il disseccamento delle radici diminuisce in modo drastico la capacità di attecchimento della pianta una volta posta a dimora definitiva.

L’agganciatura ed il sollevamento della pianta è il punto più critico di tutta la fase di movimentazione di un albero: bastano infatti pochi minuti per compromettere una pianta che ha richiesto anni di cure in vivaio.

La corteccia degli alberi è infatti molto sensibile allo scortecciamento, soprattutto nella fase della ripresa vegetativa. Idealmente gli alberi andrebbero sollevati dalla zolla con un punto di ancoraggio sul fusto.

 

Il carico e scarico delle piante deve essere effettuata con particolari funi ad anello come quella mostrata nella foto, che riducono i danni alla corteccia. Su alberi con corteccia che si stacca facilmente, come ad esempio i lecci, è meglio bagnare e proteggere il punto di contatto con della juta. 

Il trasporto andrebbe preferibilmente effettuato con camion centinati con cassone fisso e centina che possa permettere il carico dall’alto e laterale proteggendo cosi le zolle dal disseccamento dovuto all’attrito dell’aria nell’avanzamento del mezzo. Comode anche se comunque delicate, risultano essere le piante coltivate in contenitore, siano esse di medie o grandi dimensioni. L’utilizzo di un vaso permette una maggiore stabilizzazione delle radici e una minore possibilità di danneggiamento dovuto al trasporto.

Anche in questo caso particolare attenzione va posta al carico e al sormonto tra i vasi, per non causare attriti tra pianta e vaso che possono produrre ferite e lacerazioni, compromettendo a volte in modo irreparabile la qualità dell’albero.

Se si trasportano piante in attività vegetativa è opportuno apporre al di sopra del carico una rete di contenimento che, se da un lato facilita le operazioni di legatura del carico, dall’altro permette una maggiore aerodinamicità del veicolo e un minor danneggiamento della chioma causato dall’attrito dell’aria prodotto dall’avanzamento del mezzo.

Se le piante vengono messe in sosta su tagliola con le zolle comunque coperte, è bene slegarle prima dell’entrata in attività vegetativa.

8. Alberi impiegati per interventi di compensazione e mitigazione ambientale, riforestazione e afforestazione

In seguito alla realizzazione di opere infrastrutturali eseguite ed in progetto soprattutto in area urbana e periurbana, a titolo di compensazione o riduzione dell’impatto vengono impiantati alberi.

Le normative previste si riferiscono alle direttive comunitarie (PAT e PATI); risulta inoltre necessario valutare le conseguenze della modifica del territorio nella Valutazione Ambientale Strategica (VAS) prima ancora che nella Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).

I concetti fondamentali di compensazione e di mitigazione non sono sinomini ma esprimono azioni diverse. Compensare si basa sul principio NO UNLESS cioè “niente senza nulla in cambio” e l’azione della compensazione può essere eseguita anche in un luogo diverso da quello dell’impatto e può essere anche preventiva. La mitigazione invece punta alla riduzione dell’impatto e si colloca in prossimità dell’infrastruttura.

Quali sono le azioni correttive e gli effetti ecologici che vengono determinati da queste azioni tenendo conto che suolo e natura non sono risorse infinite?

Le alberature usate a fini ecologici-ambientali sono caratterizzate da funzioni facilmente intuibili:

  • Assorbimento e stoccaggio di anidride carbonica (CO2) sia direttamente che indirettamente dopo il riutilizzo delle biomasse (es. vedi riduzione di energia fossile)
  • Intercettazione polveri e inquinanti 

  • Mitigazione del rumore tramite la fono assorbenza delle fasce boscate
  • Regimazione delle acque in eccesso con sistemi tamponanti
  • Fitodepurazione delle acque reflue
  • Mitigazione ambientale con la riduzione dell'isola di calore
  • Benessere psicologico e salute fisica
  • Aumento e diffusione della biodiversità conseguente alle reti ecologiche create.

A seguito dei mutamenti socio economici e ambientali intervenuti nel nostro paese, l’utilizzo di piante forestali in montagna è drasticamente diminuito: per contro nell’ultimo decennio sono fortemente aumentate le richieste di piante da destinarsi a una serie di attività forestali profondamente diverse da quelle tradizionali. L’impianto di alberi e arbusti in pianura, a seguito anche dei cambiamenti intervenuti in agricoltura con le riforme delle politiche comunitarie in tale settore, ha aperto la strada alla forestazione in ambito planiziale, all’arboricoltura da legno, alla coltivazione di biomassa legnosa a fini energetici, alla ricostituzione di siepi campestri, alle quali le moderne esigenze ed un rinnovato parco di conoscenze affidano un complesso di funzioni, ambientali e produttive.

In ambiente montano, l’impatto degli interventi operati dall’uomo sul territorio e i conseguenti dissesti hanno invece comportato l’adozione di sistemi di difesa del suolo che utilizzano materiali vivi, quali gli arbusti già naturalmente diffusi in quegli stessi ambienti.

  • A fronte di queste nuove esigenze, la vivastica forestale si è rapidamente adeguata adottando modalità di coltivazione più moderne e razionali nel rispetto del patrimonio genetico delle specie legnose autoctone. Ovvero, si è operato in modo tale da evitare il rischio di “inquinare” tale patrimonio immettendo sul mercato piantine forestali di ignota provenienza.
  • Pertanto attività vivaistica assume un ruolo di tutela della biodiversità, producendo tutte le piantine a partire da sementi o da talee rigorosamente raccolte entro popolamenti naturali certificati e non inquinati geneticamente. Il fenomeno dell'inquinamento genetico delle specie forestali della pianura con tutte le problematiche fitopatologiche ad esso collegate è un problema dei nostri giorni.
  • Lo scopo principale è la tutela del germoplasma delle specie legnose autoctone con l'utilizzo di materiali di propagazione raccolti nei popolamenti naturali ecologicamente compatibili con l’utilizzo. Il genoma di una specie è il risultato dell’evoluzione e dell’adattamento della specie all’ecosistema specifico in termini di biodiversità, per esempio una quercia olandese e una quercia italiana sono fenotipicamente la stessa specie ma sono geneticamente diverse, perché il loro genoma è stato condizionato dall’adattamento all’ecosistema. Il patrimonio genetico costituito dagli ecotipi locali delle specie legnose autoctone moltiplicate per via gamica e agamica è un valore da preservare.
  • Pertanto l’utilizzo del materiale vivaistico per fini ambientali presenta caratteristiche diverse da quello usato nell’ecosistema urbano. L’ecosistema urbano si caratterizza per parametri ambientali fortemente modificati, tanto da renderlo completamente diverso dagli agroecosistemi e ecosistemi naturaliformi della periferia delle città.

La scelta và compiuta tenendo conto che in questo ambiente avverso sopravvivono solo le specie resistenti senza tenere conto della distribuzione dell’ecosistema. Diverso è l’utilizzo per fini ambientali su ambienti naturaliformi dove la biodiversità e il genoma è fondamentale per l’impiego e la creazione di reti ecologiche.

  • La conservazione della biodiversità delle piante forestali come bene comune da salvaguardare mediante un intervento pubblico contraddistingue il Centro Biodiversità Vegetale e fuori foresta di Montecchio Precalcino di Veneto Agricoltura. Lo stesso Centro ha inoltre adottato per un numero limitato ma crescente di partite in produzione - contraddistinte dall'acronimo BDV (Biodiversità) - un disciplinare che prevede, tra l’altro, la raccolta del seme da almeno 30 piante del popolamento georeferenziate.

Questa metodologia di produzione consente di rintracciare l’informazione relativa alla provenienza delle piantine, ed ha lo scopo di garantire la conservazione della variabilità genetica intraspecifica del materiale forestale, con conseguenze positive in termini di conservazione della biodiversità e di compatibilità delle piante con il sito di destinazione.

Si auspica pertanto che la vivaistica nazionale coltivi questo materiale per la produzione di alberi a radice nuda da impiegare in riqualificazioni ambientali.

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